«Con me, la Francia fuori dall’Unione Europea». Marine Le Pen è un macigno sui conti italiani. Che piomba in un momento delicatissimo, nel pieno della trattativa tra governo e Commissione UE sui conti pubblici. E che fa volare lo spread, già in risalita dopo l’effetto Brexit, la vittoria di Trump e il voto contrario al referendum italiano del 4 dicembre. Tutti fattori che, inserendo instabilità nei mercati internazionali, hanno riattivato il fuoco sotto le ceneri delle speculazioni contro l’Italia.
Le dichiarazioni di Le Pen hanno fatto schizzare il differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi oltre quota 200 punti base. Perché la vittoria della candidata della destra alle elezioni presidenziali francesi di aprile non è scontata, ma certamente, visti i numeri presentati dai sondaggi che la danno di gran lunga vincitrice al primo turno, è possibile. E così gli investitori di borsa puntano sulla fine dell’euro e sulla disintegrazione dell’unione monetaria, che si profilano all’orizzonte. Gli attacchi speculativi contro l’Italia si moltiplicano, facendo lievitare il nostro spread, che ora si attesta di nuovo ai livelli critici del 2011 e del 2014.
Ma il presidente della Bce, Mario Draghi, ieri ha innalzato gli scudi. «L’euro è irrevocabile». Punto. «E nessuno, nemmeno Washington, – ha sottolineato Draghi di fronte al Parlamento Europeo – può accusare la Bce di manipolare il cambio, o la Germania di fare svalutazioni competitive». Quella di Draghi è una difesa a spada tratta del progetto europeo, attaccato ora anche dall’amministrazione Trump. Che per bocca del consigliere al Commercio estero Peter Navarro – un fedelissimo del neopresidente americano – ha definito l’euro «enormemente sottovalutato», una sorta di “marco tedesco camuffato» che ha fatto «volare l’export tedesco». Draghi ha poi rivendicato la «ripresa solida» dell’Eurozona: secondo il presidente della Bce i benefici delle misure applicate da Francoforte e dell’unione monetaria superano largamente gli effetti secondari.