Roma per un giorno capitale della Polonia. Com’era prevedibile, ieri mattina il gruppo di gran lunga più numeroso di pellegrini cattolici venuti ad assistere alla canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II si era messo in cammino da Varsavia, Cracovia e dalle altre diocesi della Polonia, muniti di bandiere nazionali e anche di Solidarnosc, il sindacato fondato da Lech Walesa nel 1980 e molto attivo contro il regime comunista, caduto pochi anni dopo.
Piazza Navona. Il numero esatto dei polacchi non si conosce, ma è facile stimarlo (almeno) in decine di migliaia. Circa ventimila sono stati respinti da via della Conciliazione e dirottati fin dalle prime ore del mattino a piazza Navona, dove all’ultimo momento sono stati allestiti dei camion-maxischermo con audio in polacco. Decisamente più internazionale la presenza ai Fori Imperiali, dove si sono raggruppate migliaia di pellegrini – soprattutto famiglie con bambini – provenienti da tutto il mondo, in cerca di una zona più ariosa e tranquilla rispetto alle immediate vicinanze del Vaticano.
Piazza San Pietro. In piazza San Pietro e via della Conciliazione le bandiere (ed ancor più i maxi striscioni) bianco e rossi erano comunque in netta maggioranza, con molte scritte inneggianti alle virtù di Giovani Paolo II, che molti polacchi considerano tuttora «un padre». Innegabile la soddisfazione che si poteva leggere nei loro occhi, e la gratitudine verso Papa Francesco (e prima ancora Benedetto XVI, anche lui presente in piazza, che appena tre anni fa aveva proceduto alla beatificazione) per aver raccolto l’appello «Santo subito» pronunciato a gran voce in quella stessa piazza l’8 aprile 2005, al termine dei funerali di Karol Wojtyla. Gioia condivisa anche da una famiglia proveniente dall’Ucraina occidentale: «Abbiamo portato qui le stesse bandiere – su una delle due aste sventolava però anche il vessillo polacco – usate a Maidan. Siamo qui per omaggiare Giovanni Paolo II e per pregare per la pace, di cui il nostro Paese ha molto bisogno».
Le suore col radiomicrofono. Meno politica e più di servizio la scelta di fede di altri pellegrini: in mezzo al gruppo dei disabili dell’UNITALSI, infatti, erano numerose le suore polacche (vestite di marrone con sandali francescani, ma ben organizzate con sedie pieghevoli e un radiomicrofono a corto raggio attraverso cui una di loro traduceva dal latino alle consorelle), che accompagnavano persone ammalate. In mezzo a loro spiccavano due uniformi, una grigia ed una verde; appartenevano a Joanna e Mateusz, due ragazzi scout venuti insolitamente da soli (nelle retrovie e a piazza Navona c’erano invece parecchi gruppi polacchi, senza contare quelli italiani, impegnati nell’assistenza generale con la protezione civile), ma comunque pronti a dare una mano: «Io in Polonia lavoro come tour leader – ha raccontato Joanna – e in questo week-end abbiamo organizzato un bus di 50 persone in visita in Italia: Padova, Rimini, Assisi e adesso Roma». Non si pensi però ad un pullman pieno di devoti, anzi: «Mateusz ed io abbiamo viaggiato così per contenere le spese – aggiunge lei – ma purtroppo oltre a noi solo due anziane suore sono qui in piazza, mentre tutti gli altri sono semplici turisti ed ora stanno visitando i monumenti della vostra città».
«Questa notte abbiamo dormito in piazza – ha concluso Joanna – e stamattina presto ci siamo offerti per dare una mano al gruppo dei disabili: inizialmente ci avevano gentilmente risposto “no, grazie”, ma poi quando un’anziana signora è caduta dalla carrozzella l’abbiamo aiutata a rialzarsi e, sentendoci parlare in polacco, ci ha voluto con sé».
Di Alessandro Testa