Nell’ambito degli incontri organizzati dalla Scuola di Formazione al giornalismo della Lumsa, si è tenuto un proficuo dibattito con il giornalista Nando Tasciotti (nella foto) firma di Paese Sera e Messaggero , inviato speciale per oltre 20 anni, che, oltre a presentare il suo recente saggio edito da Castelvecchi, dal titolo Montecassino 1944. Errori, menzogne e provocazioni, ha portato un’efficace testimonianza sul metodo e sulle difficoltà legate al giornalismo d’inchiesta.
Alla vigilia dell’anniversario che commemora i settant’anni trascorsi dal bombardamento dell’Abbazia di Montecassino il 15 febbraio 1944, Nando Tasciotti ha spiegato il rigoroso iter storiografico che per cinque anni l’ha condotto a ricercare quelle fonti che gli hanno consentito di sviscerare tutti i retroscena politici di quella disastrosa battaglia sviluppatasi in quattro fasi. Il giornalista ha così potuto mettere in discussione, fonti alla mano, la presunta innocenza di Churchill nel distruttivo bombardamento di Montecassino.
Tasciotti racconta la propria indagine che, partendo dalla ricerca delle fonti, alimentata dalla curiosità, indispensabile al mestiere di un giornalista, lo ha condotto nei National Archives di Londra (per accedere ai documenti è stato necessario un piccolo esame sulle tecniche di maneggio), passando per il Churchill Archive di Cambridge fino ad approdare al Nara di Washington, agli atti della Santa Sede, senza trascurare le testimonianze dirette di monaci e sopravvissuti.
“Recarsi sul posto vincendo la pigrizia è la carta vincente di un buon giornalismo d’inchiesta” ha esordito Tasciotti. La sua ricerca ha, infatti, portato alla luce testimonianze inedite e una decina di telegrammi segreti scambiati dal 26 gennaio al 14 febbraio fra Churchill e i generali Harold Alexander e Henry Maitland Wilson, da cui emergono le responsabilità, finora accuratamente sottaciute, del primo ministro del Regno Unito.
L’opera di Tasciotti non manca di trascurare l’atteggiamento di Papa Pio XII e della diplomazia vaticana che servì probabilmente per salvaguardare Roma.
Al di là dei contenuti storici del suo più recente lavoro il giornalista ha raccontato ai ragazzi la sua gavetta iniziata inseguendo ambulanze.
“Mi è mancata l’opportunità di una scuola di giornalismo che mi consentisse di unire la formazione al lavoro sul campo” ha commentato, insistendo sul ruolo del giornalista “ponte” tra chi sa le cose e chi non le sa. Tasciotti ha anche insistito sulla necessità della chiarezza concettuale e di linguaggio, indispensabile alla fruibilità della notizia. Piccoli segreti di un mestiere che esige tenacia, passione e raffinato “lavoro di rifinitura”.
Samantha De Martin