La Spagna avrà finalmente un nuovo governo, guidato dal leader del Partito popolare Mariano Rajoy. Dopo un lunghissimo stallo istituzionale, durato dieci mesi, a sbloccare la situazione è stata la decisione, presa a maggioranza dal comitato federale del partito socialista (139 voti a favore, 96 contrari) di astenersi al momento del secondo voto di fiducia in parlamento, che dovrà tenersi entro il 31 ottobre.
La scelta del Psoe, giunta dopo mesi di forti tensioni interne (culminate, lo scorso 1 ottobre, con la defenestrazione del leader Pedro Sanchez, sostituito da Javier Fernandez) è stata presa “per senso di responsabilità” ma anche con la consapevolezza che un ulteriore ritorno alle urne, il terzo in un anno, sarebbe deleterio per il partito, che rischierebbe di vedere ulteriormente rafforzati i Popolari e di perdere la sfida con Podemos per l’egemonia a sinistra.
Rajoy, che nel 2011 aveva trionfato alle legislative con la maggioranza assoluta, stavolta avrà un compito ben più complicato, potendo contare su soli 137 seggi in parlamento, il che lo costringerà, nonostante l’appoggio dei 32 deputati centristi di Ciudadanos, a guidare un esecutivo di minoranza, che potrà essere formato dopo che il Re Filippo avrà concluso le consultazioni con i leader dei vari schieramenti, ma che rischia di lasciare il paese in una situazione di ingovernabilità. Sia il Psoe che Podemos sembrano intenzionati a porre molti veti, bloccando il lavoro dell’esecutivo. Le prime difficoltà per i Popolari potrebbero arrivare con il varo della nuova legge di bilancio per la quale Bruxelles chiede misure di austerità che consentano a Madrid di rispettare gli obiettivi imposti dalla Ue.