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Sovraffollamento carceri: da Strasburgo la conferma di condanna all’Italia

di Marina Bonifacio30 Maggio 2013
30 Maggio 2013

L’Italia è colpevole. Lo ha confermato  la Corte di Strasburgo, accusando l’Italia di sovraffollamento delle carceri. I giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno infatti rifiutato il ricorso presentato dal nostro Paese, avanzato dopo la sentenza di condanna del nostro sistema carcerario “per il trattamento inumano e degradante di alcuni detenuti”. Adesso che la sentenza diventa definitiva, lo Stato italiano dovrà trovare, entro un anno, una soluzione al problema, oltre a risarcire i detenuti che ne sono stati vittime.
“La pronuncia della Corte europea rappresenta uno stimolo in più per portare il sistema penitenziario a un livello di civiltà doveroso per un Paese come il nostro …”. Questo il commento del capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino. “Di fronte al fenomeno del sovraffollamento – rimarca ancora il Capo del Dap – l’Amministrazione penitenziaria sta impegnando tutte le proprie forze sia in direzione della costruzione di nuovi edifici, sia nello studio e nella proposta di soluzioni che valgano a contenere il ricorso al carcere preventivo e non solo preventivo, davvero entro i termini dell’estrema ratio”.
LE REAZIONI POLITICHE – Di diverso tenore le reazioni provenienti dal mondo politico. I Radicali, da sempre sensibili alla causa, hanno definito la pronuncia della Corte come l’”ennesima umiliazione dell’Italia in sede europea”. Per Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), invece, il rigetto del ricorso italiano trasforma l’emergenza carceri in un’assoluta priorità nazionale. E propone che “per risolvere il problema è necessario partire dall’applicazione di pene alternative per i reati minori, oltre a risolvere l’annosa questione dell’abuso della carcerazione preventiva”.
LA DECISIONE DELLA CORTE -La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che l’Italia ha un anno di tempo a disposizione per trovare una soluzione congrua al problema. In base alla sentenza, l’Italia dovrà anche introdurre una procedura per risarcire i detenuti. Secondo i dati forniti dal ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, nei 206 penitenziari italiani, al 15 maggio, il numero dei prigionieri presenti nelle carceri ammonta a quasi 66mila, con un esubero di circa 18mila unità. Si tratta del terzo peggior dato in Europa, dopo Serbia e Grecia. Di questi 25mila circa sono in attesa di giudizio, 40mila i condannati e più di 1000 gli internati. Un terzo (pari a più di 23mila persone) è costituito da stranieri.
LA VICENDA – Il procedimento giudiziario nasce dalla denuncia di sette detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza. Dopo l’iniziale sentenza di gennaio, che condannava il sistema penitenziario nazionale per “trattamento inumano e degradante inflitto agli ospiti delle strutture carcerarie”, l’avvocatura di Stato chiedeva che il caso venisse riesaminato davanti alla Grande Camera. Ieri quindi la pronuncia e la sentenza diventa definitiva.
LE CONSEGUENZE – Adesso lo Stato italiano deve quindi ricorrere ai ripari. E oltre a prescrivere urgenti modifiche alle strutture detentive, i giudici europei hanno imposto all’Italia un’ammenda di 100mila euro per i danni morali arrecati ai denuncianti. Nella sentenza i giudici sottolineano che spetta al governo italiano trovare le soluzioni più adatte a risolvere la questione. Tuttavia sollevano dubbi sulle misure prese sin dal 2010, in particolare riguardo al cosiddetto “piano carceri”, e invitano le autorità italiane a mettere in atto misure alternative alla pena detentiva, riducendo al minimo il ricorso al carcere preventivo. Se l’Italia non dovesse riuscire a risolvere la questione entro un anno,la Corte di Strasburgo ricomincerà a esaminare le centinaia di ricorsi per sovraffollamento già arrivati, oltre a multare l’Italia per il mancato rispetto dei diritti dei detenuti. E alcune fonti sottolineano come, dalla sentenza dell’8 gennaio,la Corte riceva ormai in media 10-15 richieste di informazioni riguardo alla procedure necessarie per fare ricorso, provenienti da tutte le carceri italiane.

di Marina Bonifacio

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