Ammonta a circa 150 miliardi di euro all’anno il giro d’affari prodotto dalle organizzazioni di racket e di usura in Italia. Una cifra pari al 7% del PIL nazionale. Questo il dato allarmante che emerge dal rapporto 2013 di Sos Impresa e Rete per la legalità, le associazioni per la lotta al “racket delle estorsioni, all’usura e a tutte le forme di criminalità che ostacolano la libertà d’impresa”.
Ogni anno i dossier di Sos Impresa denunciano quanto forte sia l’incidenza delle attività criminali sul tessuto imprenditoriale italiano, ovvero il valore economico effettivo di quello che per la “Mafia spa” è un business, ma che per l’Italia rappresenta una piaga per la libertà d’impresa e per il libero mercato. Sono più di un milione gli imprenditori italiani vittime del racket, 500mila le persone che hanno subito l’usura. L’unico dato positivo riguarda le denunce, che sono cresciute del 15% dal 2011 al 2012, con un trend invariato nel 2013, sebbene chi denuncia sia consapevole di essere destinato al fallimento. Anche dopo aver denunciato, infatti, la vittima continua a subire “intimidazioni, tentativi di isolamento dalla comunità e condizionamenti lavorativi”. “Il rischio per molti imprenditori – spiega Lino Busà, presidente di Sos Impresa – è che dopo la denuncia arrivi l’estromissione dal mercato, sempre più dominato dalla criminalità organizzata”.
Per Lorenzo Diana, coordinatore della Rete della legalità ed ex componente della Commissione antimafia, la necessità primaria è chiara: “Servono nuovi strumenti organizzativi per debellare il racket”. E questo perché “con la crisi racket e usura stanno cambiando, assumendo connotati nuovi con i quali bisogna misurarsi”. Un cambiamento, questo, direttamente riconducibile alla trasformazione che stanno vivendo le mafie stesse, diventate ormai delle vere e proprie “holding economico-finanziarie”. Se “il pizzo” resta lo strumento privilegiato per le attività di racket, è anche vero che oggi il racket non è più soltanto questo: “è diventato l’imposizione delle forniture, delle ditte subappaltatrici, oppure di assunzioni”.
L’obiettivo delle associazioni antiracket e antiusura è quello di non lasciare solo chi denuncia, di far sì che lo Stato gli assicuri sostegno e solidarietà. “Serve una legge in cui si preveda che l’imprenditore che denuncia debba essere privilegiato nell’ambito degli appalti e dei subappalti”, ha dichiarato Luigi De Sena, ex Prefetto di Caserta e Reggio Calabria e attuale vice-presidente della Commissione antimafia. Soltanto agendo in questa direzione si può sperare di sconfiggere il male che sta uccidendo l’impresa, restituendole dinamicità e competitività. Solo in questo modo le imprese colpite possono sperare di sopravvivere. Solo se è lo Stato ad aiutarle a “non fallire di mafia”.
Alessandra Aurilia