Il mondo è spaventato dalle lacrime e dalla rabbia di Teheran. La morte del generale iraniano Qasem Soleimani, avvenuta a Baghdad lo scorso 3 gennaio a opera di un attacco drone realizzato dall’esercito americano, rischia di provocare un nuovo conflitto globale.
Lunedì a Teheran, alla cerimonia funebre dell’ex capo della Niru-ye Qods (l’unità delle Guardie Rivoluzionarie responsabile per la diffusione dell’ideologia khomeinista fuori dalla Repubblica Islamica), c’erano tantissime persone, milioni secondo la tv di stato. Sarebbero almeno 30 le persone morte, stando ai media locali, nella calca intorno alla sepoltura della salma dell’ex generale, prevista per oggi a Kerman, la cittadina natale di Soleimani nell’Iran sudoccidentale. La tumulazione è stata rinviata per disordini.
Il popolo e i vertici politici e religiosi sono stretti accomunati dal dolore del lutto e dalla voglia di vendicarsi contro gli Usa e il presidente Donald Trump.
Il New York Times, riportando tre fonti iraniane presenti a un vertice del Consiglio della sicurezza nazionale iraniano, afferma che la Guida suprema Ali Khamenei vuole una “rappresaglia” ai danni gli Stati Uniti, da eseguire tramite le forze militari iraniane. Al centro del piano un “attacco diretto e proporzionato”. A dare sostanza a questo timore le parole del segretario del Consiglio di sicurezza, il contrammiraglio Ali Shamkhani: “Annuncio che 13 scenari sono stati valutati dal Consiglio per la vendetta dell’Iran, e anche il più debole di questi sarà un incubo storico per gli Usa”. La rappresaglia non consisterà in un’unica operazione ma in una serie di attacchi, promette il militare.
Intanto il Parlamento iraniano ha definito con una mozione “terroristi” tutte le forze armate degli Stati Uniti, e ha stanziato 200 milioni di euro a favore delle armate Qods, al cui comando, fino a poco fa, c’era proprio Soleimani.
Gli americani, tramite il segretario alla Difesa Mark Esper, hanno provato ad alleggerire la tensione, smentendo di fatto la minaccia di Donald Trump con oggetto il paventato attacco a obiettivi mirati iraniani, tra i quali i siti culturali. Esper ha infatti affermato che gli Usa rispettano le leggi dei conflitti armati, che non ammettono attacchi a luoghi di rilevanza culturale.
Ma ormai la strada appare segnata e un nuovo conflitto sembra essere alle porte. E il recente annuncio dell’Iran, causato dall’uccisione di Soleimani, con cui di fatto la repubblica islamica straccia l’accordo sul nucleare del 2015, definendosi “libera” di investire e aumentare le proprie scorte di uranio, fa paura.