Un ultimatum è stato lanciato dai ribelli siriani che ieri hanno fermato e trattenuto un gruppo di 20 osservatori filippini delle Nazioni Unite sulle alture del Golan, al confine tra Siria e Israele. I rapitori, identificatisi come “Martiri di Yarmouk”, hanno diffuso un video online in cui presentano le loro rivendicazioni chiedendo il ritiro delle truppe di Assad dal villaggio di Jamla, nel governatorato di Daraa.«Tratterremo i peacekeepers finché le forze di Assad non lasceranno Jamla e se ciò non avverrà nelle prossime ore li considereremo nostri prigionieri». L’uomo nel video è circondato dai suoi compagni armati e parla in arabo mentre alle sue spalle si vedono tre veicoli delle Nazioni Unite, due blindati e un camion e alcune persone che indossano i caschi blu. Il nome della brigata dei ribelli siriani si riferisce probabilmente alla storica battaglia, combattuta presso il fiume Yarmouk, tra bizantini ed esercito islamico nel VII sec. oppure al nome del vicino campo profughi palestinese.
I peacekeepers sono stati fermati nei pressi del Punto di osservazione 58 che aveva già riportato danni consistenti lo scorso fine settimana, durante gli scontri esplosi nelle vicinanze. Gli osservatori rapiti appartengono all’Undof ( United Nation Disengagement Observer Force), la missione Onu creata nel 1974 per monitorare il cessate il fuoco dell’area del Golan, sottoposta a tregua armata, ma ad alto livello di rischio poiché contesa tra Siria e Israele, che la strappò ai siriani con la guerra dei Sei Giorni del 1967.
Il governo filippino ha dichiarato che i pecekeepers non hanno subito violenze e che proseguono i negoziati per garantire il loro rilascio. «Stiamo lavorando per assicurare la salvezza e l’incolumità degli uomini rapiti e abbiamo buone speranze che verranno liberati presto», ha dichiarato il ministro degli Esteri filippino. I membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu hanno «condannato fermamente» il sequestro e in una dichiarazione adottata all’unanimità, hanno chiesto «l’immediato rilascio degli osservatori», oltre alla garanzia che venga preservata la sicurezza di tutti gli operatori internazionali presenti sul territorio. Intanto una squadra di esperti dell’Onu è stata inviata sul posto per negoziare con i ribelli e ottenere il rilascio dei prigionieri. Anche l’Esercito siriano libero, la principale forza armata dei ribelli, ha condannato duramente il rapimento dei peacekeepers e il suo leader, Gen Salim Idris, ha dichiarato che farà «tutto ciò che è in suo potere affinché vengano liberati».
Alessia Argentieri