Iniziati e subito contestati gli attacchi dell’aviazione russa in Siria. Questa notte i jet di Mosca – autorizzati in mattinata dal Parlamento dopo una seduta durata appena mezz’ora – hanno colpito postazioni dell’Isis e soprattutto dell’opposizione siriana “moderata”, suscitando l’immediata protesta di Washington, che nei mesi scorsi l’aveva addestrata e finanziata: «I raid sono stati lanciati in zone dove probabilmente non ci sono uomini dello Stato islamico», ha detto il segretario alla Difesa Ash Carter. Di sicuro i raid hanno fatto anche vittime civili: 36, secondo il presidente della “Coalizione nazionale siriana”, Khaled Khoja, secondo cui «La Russia non ha intenzione di combattere l’Isis, ma di prolungare la vita al presidente siriano Bashar Al-Assad».
La “ricucitura” all’Onu. Dopo alcune ore di tensione, ha comunque prevalso un pragmatismo degno dei tempi della guerra fredda. A margine dell’assemblea generale dell’Onu un incontro fra il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro degli Esteri russo Serghey Lavrov ha stabilito di istituire un «coordinamento» ad alto livello fra le forze armate dei due paesi per evitare pericolosi fraintendimenti nei cieli siriani. Non si esclude però che la formula diplomatica possa nascondere anche una futura decisione comune degli obiettivi.
La strategia di Mosca. Intanto il Cremlino ha smentito fermamente le accuse di partigianeria: «Abbiamo effettuato venti raid, di cui otto diretti contro i comandi dell’Isis sulle montagne – ha detto un portavoce del governo russo – e abbiamo le prove che, armi alla mano, la cosiddetta opposizione moderata siriana è di fatto alleata con lo “Stato islamico”». Secondo quanto rivelato all’Ansa da fonti interne al Palazzo di vetro, nei prossimi giorni Mosca presenterà al Consiglio di sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per costruire una coalizione internazionale anti-Isis che includa anche i due principali alleati della Russia nel Medio oriente: l’Iran e l’attuale governo siriano di Bashar Al-Assad, di cui invece gli Stati Uniti chiedono da sempre le dimissioni. Per questo il testo esorterebbe la comunità internazionale a lottare contro i gruppi estremisti «in coordinamento con i governi degli stati colpiti». Lo stesso argomento utilizzato nei giorni scorsi dallo stesso presidente Vladimir Putin nel suo intervento a New York: «Il principio di legalità internazionale prevede che si possa operare militarmente in un altro paese solo su richiesta del suo governo legittimo – aveva detto il capo del Cremlino – La Russia ha ricevuto una richiesta ufficiale di aiuto dalla Siria: nessuno dei nostri partner può dire altrettanto».
Alessandro Testa