Mentre l’esercito turco inizia l’assedio del centro urbano di Afrin, l’enclave curda nel nord-ovest della Siria contro cui conduce un’offensiva militare da più di un mese, arrivano i dati sconvolgenti di Save the Children. Le forze armate di Ankara sostengono di aver preso il controllo di alcune “aree critiche” della città, ma intanto, secondo le stime della Ong, nelle cosiddette ‘de-escalation zone’ siriane, tra cui le aree di Idlib e del Ghuta orientale, ogni giorno muoiono almeno 37 civili. Non solo: ogni due giorni viene attaccata un’ambulanza e ogni tre un operatore sanitario viene colpito.
Dati impressionati, a cui si aggiungono altri numeri: più di 2 milioni di persone, la metà bambini, continuano a non ricevere aiuti umanitari. Save the Children ha presentato il suo rapporto-denuncia in occasione del settimo anniversario del conflitto. In base alla relazione, risultano in aumento le vittime civili di armi esplosive in tutta la Siria: + 45% dopo l’annuncio delle zone di de-escalation, in cui non avrebbero dovuto esserci bombardamenti e dove gli aiuti umanitari avrebbero dovuto accedere liberamente. Senza contare che sono circa 6 milioni gli sfollati. Negli ultimi tre mesi del 2017 le persone scappate dalle loro case sono più di un milione (+60% dall’annuncio delle creazioni delle zone di de-escalation).
Secondo Save the Children, nel Ghuta orientale i tassi di malnutrizione infantile, durante il conflitto, hanno raggiunto picchi mai toccati, quasi sei volte di più rispetto a un anno fa. Almeno un bambino su quattro è malnutrito e più di un terzo dei bambini ha una crescita rachitica. L’emergenza poi riguarda anche l’educazione: circa il 43% degli istituti scolastici siriani non funziona più. Nella zona orientale della capitale, in particolare, più di 60 scuole sono state danneggiate dai bombardamenti a gennaio e febbraio, mentre almeno 18 sono state completamente rase al suolo, con ripercussioni su circa 57.000 alunni che hanno dovuto interrompere o abbandonare gli studi.