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Sigarette elettroniche, protesta dei rivenditori a Montecitorio. Più di cento manifestanti contro il “decreto del fare”

di Marina Bonifacio09 Luglio 2013
09 Luglio 2013

“Ve siete fumati er cervello”, si legge in uno dei cartelli esposti dai manifestanti davanti piazza Montecitorio. In tanti, almeno un centinaio, hanno preso parte alla protesta organizzata stamattina dall’Anafe (l’Associazione nazionale fumo elettronico) per dire no alla maxi-tassa del 58% sulle sigarette elettroniche. Un’imposta che dovrebbe entrare in vigore già dal 2014, ma che produrrebbe effetti negativi soprattutto nei confronti dei rivenditori di e-cig, costretti molto probabilmente a chiudere.
La nuova tassa – “La tassa che questo governo sta mettendo a punto – spiega uno dei manifestanti – equipara le sigarette elettroniche a quelle tradizionali, ma il punto è che le e-cig non sono tabacco, fanno meno male e permetteranno allo Stato un risparmio considerevole in termini di spesa sanitaria”. E il punto è proprio questo. Solo nel nostro Paese si parla di un indotto davvero grosso, con circa 3mila imprese che nel giro di poco più di anno hanno dato lavoro a quasi 10mila persone. Forse per questo qualcuno ha ipotizzato che le grandi lobby del tabacco, da poco entrate in questo business mondiale, abbiano esercitato pressioni sul nostro governo per l’introduzione di questa imposta.
Le e-cig fanno davvero smettere di fumare?  – Ma sulla presunta capacità delle sigarette elettroniche nell’aiutare le persone a togliere il vizio del fumo anche la comunità scientifica si divide. Tra i massimi sostenitori delle e-cig c’è anche il prof. Umberto Veronesi. Tuttavia, al di là delle opinioni, i dati parlano chiaro. Sarebbero circa 500mila i fumatori di e-cig in Italia, il 95% dei quali ha dichiarato di aver messo da parte il tradizionale pacchetto di bionde proprio grazie ad esse. E anche con un notevole risparmio economico se si considera che il costo di una ricarica di liquido per e-cig si aggira attorno ai 5 euro, ma con una durata di certo maggiore rispetto al tradizionale pacchetto di sigarette. Liquido che, con la nuova regolamentazione, verrà sottoposto a tassazione, insieme all’intero kit elettronico.
Un settore senza regole – In assenza di regole certe, tuttavia, sono in molti ad avere approfittato della situazione. Da inizio anno i Nas hanno sequestrato diversi liquidi per e-cig a causa della presunta presenza di metalli pesanti in essi. E lo stesso Istituto superiore della sanità ha già fornito alcune controindicazioni nei confronti di soggetti a rischio, come minori e donne in gravidanza. “Quello che noi vogliano è una regolamentazione del settore –  spiega il vicepresidente Anafe, Umberto Roccatti – ma l’importante è che, quello che è un settore in crescita, non venga trasformato in un monopolio di Stato”. Tra i punti del nuovo decreto legge 76, approvato lo scorso 26 giugno e che ha contribuito allo slittamento dell’atteso aumento Iva da luglio a ottobre, si legge infatti che le sigarette elettroniche dovrebbero essere vendute solo dai tabaccai. Una misura che andrebbe a incidere negativamente nei tanti privati che, anche in un periodo di crisi come questo, hanno deciso di scommettere sul futuro aprendo un negozio di e-cig. E loro, i rivenditori, ci tengono a sottolinearlo: “Noi non siamo fumo”, gridano. E tra una bandiera e l’altra non smettono certo di “svapare” la loro personale e-cig.

di Marina Bonifacio

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