Il passaggio di consegne tra i democratici è avvenuto. Ieri pomeriggio il segretario Matteo Renzi, con un discorso diretto e conciso, ha di fatto chiesto le dimissioni del premier Enrico Letta, assente ieri in Via delle Fratte preferendo attendere il voto della direzione.
“L’obiettivo a tutti caro, ora come ora, è uscire dalla palude – ha detto Renzi ringraziando il Presidente del consiglio per il suo lavoro – ma riteniamo prioritaria la formazione di un nuovo governo”.
Impreviste le modalità con cui il segretario ha formulato la sua proposta per il nuovo esecutivo: “Dobbiamo rispondere ‘no’ a chi ritiene che non siamo ambiziosi, il rischio fa parte del nostro lavoro ed è questo il momento di metterlo in gioco” afferma Renzi, prima di dichiarare l’intenzione di governare fino al 2018, completando la legislatura.
Il clamore nell’aula non è dei più fragorosi, e lo dimostra la votazione che, al termine del discorso di Renzi e di tutti i successivi, approva quasi unanimemente (136 favorevoli, 16 contrari e 2 astenuti) il documento programmatico della direzione.
Dopo la strenua resistenza dei giorni scorsi, nella serata di ieri arriva la nota ufficiale della presidenza del consiglio, con cui Letta, preso atto della “sfiducia chiara e inequivocabile” dichiara ufficialmente le proprie dimissioni, che rassegnerà oggi pomeriggio alle ore 16.
Reazioni varie nel mondo politico, da Grillo che attacca Renzi ( “è un carrierista senza scupoli” ) ad Alfano che invece si concentra sulla difesa dell’ex-Premier (“meritava un migliore trattamento”), a Forza Italia che per bocca di Renato Brunetta si accoda alle altre opposizioni per chiedere la parlamentarizzazione della crisi di governo.
Gli scenari prossimi sono praticamente tambureggianti: la necessità di avviare le consultazioni il più presto possibile (alcuni sostengono in giornata), l’incarico e il giuramento.
E’ già nota la volontà di Renzi di avere una squadra snella (non più di 10, massimo 12 ministri), ma la rosa dei papabili è ancora ampia: in lizza ci sarebbero una cinquantina di nomi, con alcuni dicasteri oggetto di notevole concorrenza: solo all’Economia potrebbero essere in lizza Lucrezia Reichlin, candidata vicegovernatrice alla Bank of England, Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Palazzo Strozzi a Firenze, Pier Carlo Padoan, Fabrizio Barca, Tito Boeri.