Erano professionisti del borseggio, quelli della “banda dell’8”. La famosa linea tranviaria romana che collega Piazza Venezia al Casaletto era la gallina dalle uova d’oro per una gruppo di cinque ladri romeni (4 uomini e una donna), sgominata dai carabinieri del Nucleo operativo della compagnia Roma piazza Dante.
Una tecnica collaudata. I malviventi, di età compresa tra i 42 e i 53 anni, utilizzavano una tecnica ormai ben collaudata sul campo: entravano nel tram, individuavano la preda (nella maggior parte dei casi si tratta di turisti, visto che i romani tendono ad essere più “preparati” a certe spiacevoli evenienze) e la accerchiavano: approfittando di tempi e modi opportuni gli sfilavano il portafoglio dalle tasca senza che il malcapitato passeggero si accorgesse di nulla.
Poi la triste sorpresa. Il desiderio di un caffè, di visitare un museo o di qualche altro sfizio spinge la mano del turista in tasca, che fa aria da tutte le parti. I più agguerriti sporgono denuncia, quelli più rassegnati ingoiano il boccone amaro. Fatto sta che torneranno nella loro città o paese senza un bel ricordo della capitale. Ma stavolta, la banda non l’ha fatta franca. Martedì scorso i carabinieri hanno pedinato i ladri, rigorosamente in borghese. Entrano nell’ 8 insieme ai malviventi, che appena accerchiano la prima vittima vengono subito ammanettati e accompagnati in caserma. La refurtiva è stata consegnata ai legittimi proprietari, che non si erano accorti, come da copione, di nulla. I cinque romeni saranno giudicati con il rito per direttissima.
Una piaga per Roma. Il fenomeno del borseggio a Roma, è molto diffuso e difficile da contrastare. Prendiamo in esame uno dei tanti casi che fa scuola: quello della stazione Termini. Qui ci sono i re dei piccoli furti, specializzati sia nel compiere l’atto criminoso, sia nello sfuggire alle maglie delle forze dell’ordine. Per quanto riguarda il primo punto, la tecnica utilizzata è quella sopradescritta: accerchiano la vittima nei momenti di ressa e gli tolgono il portafoglio con una destrezza ben raffinata. Per sfuggire alle forze dell’ordine, queste bande addestrano delle ragazze, che ogni volta che vengono fermate affermano di essere minorenni e incinta. Ovviamente, di qualsivoglia documento di identità, neanche l’ombra. Scattano allora i controlli sanitari. Solitamente queste ragazze vengono portate all’ospedale Pertini per sottoporle ai seguenti esami: la radiografia al polso e il test di gravidanza. Il primo viene effettuato per accertare l’età della donna, perché in molti casi le stesse mentono per mettere in difficoltà le forze dell’ordine. Il secondo viene realizzato, ovviamente, per verificare se effettivamente siano incinta o meno. Anche in questo caso, le menzogne si sprecano. Quando poi si tratta di identificare queste ladre, ci si perde in un labirinto burocratico. Visto che le principali bande che controllano questo triste mercato sono serbe e bosniache, bisognerebbe controllare l’anagrafe di questi paesi per delle verifiche accurate, perché i database a disposizione, non riportano i nomi che le ragazze dicono di avere, oppure, peggio ancora, i nomi esistono, ma sono di altre ragazze, sempre di origine serbo-bosniaca registrate nel database, ma incensurate. Quindi non di rado è capitato che le stesse ragazze sono state fermate, ma l’hanno fatta franca svelando ogni volta un’identità diversa. Sono pochi i casi in cui i poliziotti si sono accorti di aver fermato la stessa persona, mai n quel raro caso, vengono effettuati i controlli incrociati con l’anagrafe dei rispettivi paesi permettendo una corretta identificazione delle ragazze. Queste bande, hanno le loro basi nei campi rom della Pontina. Questa è solo una delle tante storie che si potrebbero raccontare. Questo problema deve essere considerato seriamente dall’amministrazione comunale perché impatta negativamente sul turismo e sull’immagine di Roma nel mondo.
Alessio Perigli