E’ stata pronunciata ieri la sentenza di primo grado nel processo sul “caso Ruby”: i giudici della IV sezione penale del tribunale di Milano, dopo sette ore di camera di consiglio hanno deciso di condannare Silvio Berlusconi a 7 anni di reclusione e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici per il reato di concussione e prostituzione minorile. La Corte, riconoscendo il vincolo della continuazione tra i reati di concussione e prostituzione, ha superato le richieste della procura portando la pena complessiva ad un anno in più. Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini (in ferie e sostituito dal procuratore Edmondo Bruti Liberati) e il pm Antonio Sangermano, avevano chiesto 6 anni di carcere. Le motivazioni della sentenza saranno depositate fra 90 giorni.
Un processo travagliato. Nel corso del dibattimento decine di testimonianze si sono poi rivelate false ed infondate e sono state rese dalle “olgettine” per ottenere soltanto una risonanza mediatica. I giudici hanno disposto perciò la trasmissione degli atti alla procura affinché valuti le presunte false deposizioni. La trasmissione degli atti riguarda diverse ragazze ospiti alla feste ad Arcore.
Credevo nell’assoluzione. «Ero veramente convinto che mi assolvessero», ha spiegato l’ex premier in una nota, «perché nei fatti non c’era davvero nessuna possibilità di condannarmi. E invece è stata emessa una sentenza incredibile, di una violenza mai vista né sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo Paese». L’avvocato dell’ex premier Niccolò Ghedini, intercettato dai cronisti fuori del tribunale, annuncia: «Faremo appello». E aggiunge: «La sentenza non mi sorprende affatto. Sono due anni e mezzo che diciamo che qui questo processo non si poteva fare. E’ una sentenza completamente al di fuori della realtà, fuori da ogni logica, l’accusa di costrizione è allucinante. Un fatto estremamente grave: il tribunale non ha tenuto conto della realtà processuale».
Conseguenze sull’esecutivo. Se gli esponenti del Pdl non hanno fatto mancare il sostegno al capo per quello che ritengono sia un oltraggio politico oltre che giudiziario, i berlusconiani dell’esecutivo – così come per le colombe del partito – continuano a premere perché il destino dell’esecutivo resti separato dalle vicende giudiziarie di Berlusconi. Di ben altro parere i “falchi” del Cavaliere, secondo cui la sentenza del processo Ruby sia un primo tassello per arrivare a staccare la spina all’esecutivo. «Se qualcuno pensa che possiamo separare il nostro destino o quello del governo da Berlusconi», ha avvisato il senatore del Pdl, Sandro Bondi «non ha capito niente della nostra storia». Più che far mancare i voti a Letta, i berlusconiani potrebbero farsi più insistenti nelle priorità da portare avanti.