Il Direttore dell’Osservatorio nazionale Salute e Ambiente, Federico Maritan fa chiarezza a Lumsanews sui dati dell’ultimo rapporto riguardante i dati sulle morti bianche e gli infortuni sul lavoro. Una panoramica costruita grazie al criterio di “zonizzazione” utilizzato dall’Osservatorio per analizzare il tasso di incidenza infortunistica regione per regione.
Quali sono i motivi alla base della maggiore incidenza di infortuni tra i lavoratori stranieri?
“Tra le principali cause di una maggiore incidenza di infortuni tra i lavoratori stranieri c’è in primo luogo una maggiore esposizione a lavori ad alto rischio. I lavoratori stranieri infatti sono spesso impiegati in settori più pericolosi, ad esempio edilizia, agricoltura, logistica e industria manifatturiera. Questi settori, secondo i dati messi a disposizione dall’INAIL, rappresentano un tasso di infortuni più elevato rispetto ad altri comparti lavorativi. Barriere linguistiche e difficoltà di comprensione delle procedure di sicurezza. le difficoltà nella comprensione della lingua italiana e dei documenti tecnici potrebbero compromettere l’efficacia della formazione e la corretta applicazione delle misure di prevenzione. Ma si tratta anche di una mancata o inadeguata formazione sulla sicurezza dell’attività lavorativa da svolgere o sulle corrette procedure da effettuare: la formazione dei lavoratori stranieri può essere carente, sia per mancanza di accesso a corsi in lingua comprensibile sia per la presenza di percorsi formativi standardizzati che non tengono conto di background culturali e competenze pregresse.”
Secondo la zonizzazione utilizzata dall’Osservatorio le regioni sono divise in fasce di rischio infortunistico. C’è un legame di tipo produttivo o di impostazione del lavoro tra le regioni in fascia rossa?
“Le regioni in fascia rossa presentano spesso caratteristiche produttive comuni, in particolare presenza di settori ad alto rischio, si pensi ad esempio ai lavori agricoli in particolare svolti su terreni non pianeggianti. E’ altresì evidente che la presenza di forza lavoro irregolare e la carenza di formazione e organizzazione del lavoro in sicurezza determina un legame diretto tra il lavoro e l’aumento dell’incidenza infortunistica, oltre ovviamente ad essere correlato agli occupati.”
Cosa si può fare da un punto di vista normativo per riuscire ad abbassare i numeri? E come vengono monitorate e gestite le condizioni di lavoro nei luoghi più pericolosi?
“Per ridurre il numero di infortuni sono necessarie azioni sinergiche, come rafforzare i controlli ispettivi e aumentare ulteriormente le sanzioni per chi non rispetta la sicurezza e premiare per contro le aziende oneste con riduzioni contributive e incentivi economici. E formare in modo efficace anche le figure responsabili, ossia i datori di lavoro. In tal senso l’atteso nuovo Accordo Stato Regioni sulla formazione sulla sicurezza dovrebbe finalmente normare la formazione per i datori di lavoro che, oltre ad essere i primi responsabili della sicurezza dei propri dipendenti, sono talvolta anche coinvolti direttamente in eventi infortunistici anche gravi.”
L’Italia è uno dei pochi stati europei ad avere un osservatorio per i dati sulle morti e gli infortuni sul lavoro, crede che l’Unione Europea debba fare di più sul tema? In aggiunta, come si piazza l’Italia rispetto alla media europea?
“Sì. L’Unione Europea dovrebbe aumentare la raccolta dati omogenea e comparabile a livello sovranazionale e rafforzare il coordinamento tra i diversi stati membri. Attualmente, il sistema europeo di raccolta dati consente solo una visione parziale e con ritardo temporale dei fenomeni infortunistici. Inoltre, la mancanza di osservatori nazionali strutturati in molti Paesi limita la possibilità di interventi mirati e tempestivi.”