Francesco De Felice è un giornalista italiano, corrispondente da Berlino per Agenzia Nova. Si occupa di eventi legati alla politica e all’economia in Germania e ai rapporti italo-tedeschi. Tra i temi che ha affrontato con noi di Lumsanews, anche il ruolo dell’Italia in un contesto europeo dopo le elezioni al Bundestag e i rapporti della futura Europa senza Merkel con le superpotenze mondiali.
Quali sono le prospettive post-Merkel nella politica tedesca?
“Dopo la fine di quella che è stata quasi una “monarchia” della cancelliera per 16 anni è possibile prevedere che il Paese avrà bisogno di un periodo di assestamento nel breve e nel medio-lungo periodo. Angela Merkel lascia un vuoto che non sarà facile colmare, un’eredità che sarà difficile da gestire. La Germania avrà bisogno di pensare molto a se stessa, di ritirarsi, in un momento in cui però servirebbe una sua maggiore presenza, sia nel nostro continente che a livello internazionale e multilaterale. Ad Angela Merkel possono essere imputati tanti meriti, ma ha anche commesso un errore, che non è nuovo nella politica tedesca: la mancanza di pianificazione strategica. Sul piano interno Merkel non ha preparato una linea di successione in vista delle elezioni e ha erroneamente seguito una gestione monocratica del suo partito, la Cdu, e del sistema politico della Germania. Si è molto parlato delle due delfine di Angela Merkel, Ursula Von der Leyen prima e Annegret Karrenbauer dopo, ma esse alle fine non sono state tali e questo ha avuto delle ricadute inevitabili sulla Cdu che ora ha una leadership molto debole e divisa. Tutto questo non può che contribuire al calo dei consensi da parte dei moderati prima e dei conservatori dopo. Inoltre, la mancanza di una leadership forte non può che avere ripercussioni sull’Unione Europea, dato il ruolo del Paese all’interno della compagine. Con le elezioni non è escludibile che la Cdu e Csu finiscano all’opposizione”.
A proposito delle possibili coalizioni, ad oggi quali sono quelle più probabili per la formazione del nuovo governo?
“A livello numerico nessun partito ha i numeri per governare in coppia con un altro o formare un esecutivo monocolore. Quindi è più probabile che avremo una coalizione a tre, che non è facile da prevedere per due ragioni: la prima riguarda i sondaggi e l’altra il diritto costituzionale tedesco. In testa ai sondaggi abbiamo il partito socialdemocratico tedesco. Con chi potrebbero allearsi? Scholz non ha escluso nessuno, ha solo più volte ripetuto che Cdu e Csu devono mettersi all’opposizione. Quindi esclude un ritorno della Grande coalizione. Scholz afferma inoltre che preferirebbe allearsi con i Verdi, ma non ha i numeri per farlo. Quindi il terzo più accreditato è il partito liberal democratico che viene considerato il grande elettore. L’Fdp ha grande fame di governo e potrebbe essere pronta a tutto, per questo ci potrebbe essere una riedizione della coalizione fallita cinque anni fa. Seconda ipotesi è un’alleanza tra socialdemocratici, popolari (ovvero Cdu/Csu) e Verdi. Infine quella che ha destato più scalpore e timore, è la possibilità di un esecutivo rosso-rosso-verde, cioè con l’Spd, i Verdi e Linke. Quest’ultimo è un partito post-comunista che nasce dalla riedizione della Sed, partito (quasi) unico della Repubblica democratica tedesca. Personalmente, a poco più di 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, sembra lontana la possibilità per i post comunisti di entrare nel governo. Scholz ha aggirato questo pericolo rosso anche per immobilizzare l’elettorato e i consensi nei suoi confronti, ma è stato molto chiaro nell’imporre le condizioni necessarie a formare un’alleanza di governo: il riconoscimento e il rafforzamento dell’impegno della Germania nell’Unione Europea e soprattutto nella Nato. Questo è un messaggio implicito diretto alla Linke, perché i post-comunisti nel proprio programma elettorale chiedevano lo scioglimento della Nato e la sostituzione con un patto di sicurezza collettiva, di cui doveva far parte anche la Russia”.
A livello di politica estera invece, secondo lei la fine di quest’era porterà ai vertici europei l’asse Italia/Francia?
“L’asse Italia/Francia è da vedere se e quanto reggerà. Da 150 anni l’Italia si trova al centro di un gioco geopolitico tra Berlino e Parigi, per cui il tanto decantato asse sembra molto meno solido di quanto venga descritto. Sia da Parigi, sia da Berlino c’è la massima attenzione nei nostri confronti, ancor più adesso, date le sue caratteristiche, con il governo attuale di Mario Draghi. La scelta spetta a noi: ci muoviamo verso questo Trattato del Quirinale che dovrebbe essere modellato sul trattato dell’Eliseo di cooperazione franco- tedesca. In questa fase di assestamento della Germania, che potrebbe limitare l’azione internazionale del Paese, l’assenza di Merkel può ridurre l’iniziativa tedesca nei confronti dell’Italia. Potrebbe invece consolidarsi l’intesa franco-italiana. Il nostro Paese è diviso tra un partito filo-francese e un partito filo-tedesco. Ma la guida di Macron in Francia non è così solida e, di conseguenza, con una Germania in assestamento e una Francia in piena dinamica elettorale, chi resta in Europa? L’Italia di Mario Draghi. Quindi, in funzione europea e considerando anche il rapporto transatlantico che l’Italia ha con gli Usa, non escluderei un nuovo ruolo decisivo del nostro Paese nell’Unione Europea”.
C’è il rischio per l’Europa dopo l’addio di Merkel di rimanere schiacciata tra Usa Russia e Cina?
“Questo schiacciamento potrebbe essere idealistico. Ovviamente in Europa abbiamo alleati come gli Stati Uniti, che sempre più perseguono il proprio interesse nazionale, e concorrenti sistemici come Russia e Cina. Per cui lo schiacciamento io non lo vedo. L’assenza di Merkel farà emergere nuove leadership all’interno dell’Ue che dovranno rapportarsi con Mosca, Pechino e Washington, questo sì, ma sia l’Italia di Draghi che la Francia di Macron sanno gestirsi bene in questo triangolo di superpotenze. Bisognerà solamente rimodellare i termini del dialogo”.