Sono due gemelli, nati all’estero tramite procreazione assistita, e hanno due padri. Lo ha deciso il 23 febbraio 2017 la Corte d’Appello di Trento, ma solo ora l’Associazione Articolo 29 ha reso pubblico il testo dell’ordinanza. I bambini saranno legalmente figli di entrambi gli uomini che li hanno voluti, indipendentemente dal legame biologico. Nel certificato di nascita dei neonati, registrato in un altro Stato, si affermava la doppia paternità della coppia omosessuale. Dunque i pm di Trento hanno deciso di convalidarne la validità, rifiutando di legare i diritti di paternità esclusivamente alla parentela biologica. In campo entra l’altrettanto importante responsabilità genitoriale, che si concretizza nella scelta consapevole di prendersi cura di un figlio.
Una sentenza capitale per le famiglie arcobaleno, che riconosce per la prima volta a due uomini il diritto che lo scorso dicembre a Napoli era stato concesso a Daniela e Marta, le mamme di Ruben. Le due italiane, residenti in Spagna, dove si sono sposate, si erano viste rifiutare dal prefetto cittadino il certificato di nascita del bimbo. Dopo il ricorso, il tribunale di Napoli aveva deciso di annullare l’atto e riconoscere a Ruben la cittadinanza italiana con doppia maternità.
«Questa ordinanza è una finestra sulla vita» dice Nichi Vendola, da un anno padre di Tobia con il compagno Ed, in un’intervista al Corriere della Sera. Il bimbo è nato tramite GPA negli Stati Uniti, dove è consentita. «Io e il mio compagno avremmo volentieri evitato la trasferta americana, se avessimo avuto la possibilità di adottare. L’idea di una relazione tra seme e paternità è povera. Anche nei testi sacri, i casi di gestazioni per altri sono molti» sostiene ancora, riportando la discussione sui ritardi della politica italiana. Ribadisce che nascondere dietro casi limite di compravendita di bambini dei timori ideologici contro la maternità surrogata non aiuta l’evoluzione del Paese. Decisione storica anche per Monica Cirinnà, prima fautrice delle Unioni Civili, che mostra il suo supporto ai due padri festeggiandone i risultati.
Sull’altro fronte, il giornale dei vescovi L’Avvenire, si scaglia contro la sentenza: “Rappresenta una pericolosa fuga in avanti anche rispetto a quella già sconcertante pronunciata in Corte di Cassazione lo scorso anno a proposito di una figlia programmata in Spagna da due donne con fecondazione eterologa e deliberata ‘rimozione’ del padre”.
La GPA (gestazione per altri), anche nota come maternità surrogata, è vietata in Italia dall’articolo 12 della legge n. 40 del 2004. Consiste in una procedura per cui una terza persona porta avanti una gravidanza per conto di una coppia che non può. In alcuni casi uno dei due genitori è imparentato biologicamente con il nascituro, tramite propri ovuli o spermatozoi, in altri casi questi provengono da donatori. In Italia la GPA è punibile con la reclusione fino a due anni e multe fino ad un milione di euro.