“La Bbc del Medio Oriente”, una garanzia d’indipendenza e di qualità dell’informazione in quelle zone del mondo dove la democrazia è sempre in bilico. Così è cresciuta e si è affermata a livello internazionale l’emittente satellitare qatariota Al Jazeera. Ma il vento sta cambiando: lunedì scorso, 22 dipendenti delle sedi egiziane si sono licenziati, accusando l’azienda di parteggiare apertamente per i Fratelli musulmani. Volantini minacciosi sono pervenuti inoltre alla redazione del Cairo, con la scritta “bugie e altre bugie” impressa sul disegno di una mano insanguinata.
Dimissioni per “mancanza di neutralità”. Il quotidiano degli Emirati Arabi Uniti “Gulf News” ha raccolto alcune delle testimonianze dei giornalisti dimissionari e il quadro complessivo è chiaro: Al Jazeera avrebbe fatto pressioni sui propri dipendenti per raccontare le recenti vicende egiziane (dalle grandi manifestazioni di piazza del 30 giugno, alla deposizione di Morsi fino alla sparatoria di lunedì al Cairo tra esercito e sostenitori della Fratellanza) sotto un punto di vista fazioso, favorendo la posizione pro-Morsi. Pesanti le accuse del giornalista Wessam Fadel, inviato della rete al Cairo, che sulla sua pagina Facebook ha definito il ruolo dell’emittente “credibile, ma con una credibilità basata su una posizione politica deprecabile”. Addirittura sarebbero state falsate le dirette, sempre secondo Fadel, mandando in onda immagini di repertorio di una piazza Tahrir vuota, mentre la gente era scesa massicciamente in piazza a protestare contro Morsi.
Le più plateali sono state le dimissioni di Hagag Salama, inviato a Luxor, che ha lasciato la rete qatariota, per cui lavorava dal2003, indiretta televisiva lunedì mattina. “Un orientamento politico che mette in secondo piano tutto ciò che ci viene insegnato a fare come giornalisti – ha accusato Karem Mahmoud, giornalista della redazione di “Al Jazeera Mubashir Misr”, il canale live in lingua araba – e non è quello che io ritengo essere giusto. Questa alleanza con il partito dei Fratelli musulmani ha esacerbato la situazione in Egitto, piuttosto che migliorarla”.
Al Jazeera, un mito infranto? Ma il recente episodio egiziano non è il primo segnale di una progressiva “politicizzazione” del canale. I primi dubbi sull’indipendenza di Al Jazeera risalgono già alla guerra civile libica del 2011, quando il Qatar supportò gli insorti anti-Gheddafi con ogni mezzo, dagli aiuti militari ed economici fino, appunto, a ricorrere alla potenza del fuoco mediatico della sua emittente. A marzo del 2012, invece, una serie di dimissioni a catena colpirono la redazione libanese del canale. Il managing director dell’ufficio di corrispondenza di Beirut, Hassan Shaaban, annunciò il suo licenziamento, dopo che se ne erano già andati il corrispondente Ali Hashem e il producer Mousa Ahmad: l’atto, per sua stessa ammissione, era una protesta per i servizi giornalistici e le censure da parte della rete sugli avvenimenti in corso nella regione araba, e in particolare in Siria e Bahrain. Mentre nel Bahrain Al Jazeera, secondo i suoi ex dipendenti, avrebbe sottaciuto le dure repressioni messe in atto dal regime contro il popolo insorto, nel conflitto siriano si ha avuto, fin dall’inizio, un appoggio indiscriminato delle truppe ribelli. “Questa tv, che aveva cominciato rivoluzionando l’informazione nel mondo arabo – dichiarò un anno fa un altro suo ex dipendente, il giornalista Afshin Rattansi – è diventata ormai la voce monocorde della posizione anti-Assad del governo qatariota”.
Giulia Di Stefano
In Egitto cambia il vento anche nell’informazione: si dimettono 22 giornalisti di Al Jazeera al Cairo: la rete è con i Fratelli musulmani
10 Luglio 201350