Da quando si è votato la prima volta nell’aprile del ’48, una cosa del genere non si era mai vista: vincitore indiscusso delle elezioni politiche è il partito dell’astensione, quel 36 per cento di aventi diritto al voto che, anziché esercitarlo, sono rimasti a casa. E persino la coalizione del centro destra, che pure ha vinto la competizione elettorale con il 44 per cento, ha preso 12 milioni di voti, né più né meno dei consensi con cui Walter Veltroni perse nel 2008.
Il resto è la storia di un Paese che, già spaccato, scava il solco: diviso tra il Sud, dove trionfa il peronismo di Giuseppe Conte che promette il reddito, e il Nord che vuole invece meno Stato e più impresa. Solo che a farsene baluardo non è più la Lega di Matteo Salvini, il quale governa Lombardia e Veneto, ma Giorgia Meloni. Tra chi ha votato Fratelli d’Italia, che pure pesca anche un 12 per cento tra i delusi pentastellati, ben il 26,8 per cento di questi aveva scelto la Lega nel 2018: partite Iva, artigiani e piccoli imprenditori che, anziché scostamenti di bilancio e bonus, prediligono disciplina fiscale e stabilità. Malgrado la “fiamma” ancora nel simbolo, quel piccolo partito di destra che aveva debuttato nel 2012 da pochi nostalgici – almeno di Alleanza Nazionale – conserva solo un 7 per cento di elettori duri e puri; mentre il restante 19 non si dichiara né di destra né di sinistra.
E se Fdi, partito dieci anni fa da una percentuale sotto il 2, si è allargata un po’ ovunque, i suoi due alleati di minoranza hanno invece giocato a rubarsi i voti: la Lega a Forza Italia (7,8%) e Forza Italia alla Lega (8,7%). Poi tutti e due insieme appassionatamente, FI e il partito di Salvini hanno fatto incetta di consensi pentastellati: il primo ben il 7,3%, mentre il secondo il 6,9%. Sempre a proposito del M5s, che è andato bene ma ha comunque dimezzato i voti rispetto al 2018, da qui il partito democratico ha preso circa il 9 per cento. Il resto dell’elettorato dem è la solita truppa disciplinata e affezionata: anziana, inurbata, con Isee e istruzione sopra la media. Ormai sempre più Ztl, il Pd resiste a Bologna, Firenze e parte di Roma centro, ma perde ormai nel contado toscano e si sente accerchiato pure nella rossa Emilia.
Anche perché nella popolazione giovane, che pure nelle grandi città pesa molto a livello di voto d’opinione, si sta facendo largo Azione di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Questo rassemblement liberale, che a Milano vola oltre il 20 per cento, è il primo partito nella fascia d’età tra i 18 e 24 anni, mentre il Pd guida la classifica degli over 65; gli altri pescano nella fascia di mezzo. Ecco i tanti volti di quell’Italia che è comunque andata alle urne e ha scelto.