Alla vigilia dell’anno scolastico il quarto rapporto di Save The Children, “(Non) Tutti a Mensa 2017”, fotografa la stessa situazione di un anno fa: il 48% degli alunni delle scuole primarie e secondarie di primo grado, infatti, non ha accesso alla mensa. Uno su due dunque. Ancora una volta il problema sembra essere la mancanza di regole condivise, che causano disparità nell’accesso ai servizi e nella loro erogazione.
La percentuale di alunni che non può accedere alla refezione va addirittura oltre il 50% in 8 regioni, con una marcata differenza tra Nord e Sud, dove si registrano le cifre più allarmanti: Sicilia 80%, Puglia 73%, Molise 69%, Campania 65% e Calabria 63%. Dati che vanno di pari passo a quelli relativi all’assenza di classi a tempo pieno (Molise 93%, Sicilia 92%, Campania 86%, Puglia 83%), e a quelli riguardanti la dispersione scolastica (Sicilia 23,5%, Campania 18,1%, Puglia 16,9%, Calabria 15,7%), fotografando una situazione complessa.
Ma l’analisi di Save the Children ha anche analizzato la proposta di refezione scolastica in modo più dettagliato, osservando cosa accade in 45 comuni capoluogo di provincia con più di centomila abitanti. Tariffe, agevolazioni, esenzioni e trattamento delle famiglie morose sono stati i parametri misurati. Emerge dunque come il servizio mensa non sia presente in modo uniforme nelle scuole: solo in 17 Comuni è disponibile in tutti gli istituti primari. E, ancora una volta, sono quelle del Sud (Reggio Calabria, Siracusa e Palermo) le città in cui la mensa è presente in un numero di scuole inferiore al 10%.
Caos totale poi nell’ambito di agevolazioni e tariffe: 1/4 dei comuni non prevede l’esenzione totale dal pagamento della retta per nessun motivo (reddito, composizione del nucleo familiare, motivi di carattere sociale). La residenza seguita ad essere un requisito restrittivo per godere delle agevolazioni. Quanto alle tariffe, le massime variano dai 2,30 euro di Catania ai 7,28 di Ferrara, mentre quelle minime vanno dagli 0,30 centesimi di Palermo ai 6 euro di Rimini.
Tale disomogeneità è presto spiegata: la tariffa minima di Rimini (6), ad esempio, corrisponde quasi al triplo della tariffa massima prevista a Catania (2,30). Ed ancora, una famiglia con reddito basso (Isee 5.000 euro) verrebbe esentata dal pagamento in 9 comuni, mentre a Rimini, Bergamo, Modena e Reggio Emilia pagherebbe una tariffa superiore a 3 euro.
Persiste in ultimo, ma non in ordine di importanza, il problema relativo al pagamento della retta scolastica, che rimane un fattore di forte discriminazione. Nove tra i comuni monitorati non consentono l’accesso alla mensa a quei bambini la cui retta non è stata pagata regolarmente. Dunque, al momento del pasto, agli alunni è imposta la separazione, e i bambini i cui genitori sono in ritardo col pagamento restano a mangiare in classe. Sono 35 invece i comuni che, in risposta al problema della morosità, attuano solamente la procedura di recupero crediti senza rivalersi sugli alunni.