Gabriella Ameya Canovi è una psicologa di sostegno, con un dottorato di ricerca in psicologia dell’educazione. Per noi di LumsaNews ha approfondito il tema della didattica a distanza e le conseguenze di una simile modalità di insegnamento nei giovani. Pur nutrendo un sentimento di fiducia nei confronti degli adolescenti riconosce la presenza di problematiche acuite dalla pandemia.
Con la pandemia e le conseguenti restrizioni sono venute meno una serie di libertà. Ma quanto è importante la libertà in un uomo?
“La domanda dal mio punto di vista ha una doppia chiave di lettura perché la libertà non è solo un fatto esterno all’uomo ma anche interno. Le imitazioni limitano la possibilità di spostarsi nello spazio sicuramente, ma lo spazio interiore è sempre praticabile. Per alcune persone anche in tempi di non pandemia era difficile essere liberi, per esempio, per una serie di motivi”.
Però, dal punto di vista psicologico, qual è il meccanismo che si innesca in un adolescente che da un giorno all’altro si vede togliere le sue libertà e le sue abitudini?
“Paradossalmente credo che quella degli adolescenti sia stata la categoria che più si è adattata a questa situazione, perché la caratteristica di un adolescente non è la rigidità che magari può avere un adulto. Loro hanno un ego molto plastico a quell’età, un po’ come i bambini, che solitamente amano imitare e rispettare delle regole. Oltretutto gli adolescenti hanno trovato dei canali di trasgressione, perché è vero che la didattica a distanza li ha costretti in casa al mattino, ma poi credo che si siano organizzati e abbiano trovato dei canali a latere per vivere la loro età”.
Molti psicologi, parlando della questione scolastica, hanno definito il termine dad come l’acronimo di “dimenticati a domicilio” piuttosto che di “didattica a distanza”. È così secondo lei? Quali sono gli effetti di negativi di una tale condizione e quanto incide essa sul fenomeno della dispersione scolastica?
“Credo che la scuola sia stata una delle categorie più date per scontate, perché si pensava che sicuramente si sarebbe adattata e reinventata. Gli insegnanti hanno fatto dei salti mortali e gli studenti si sono adattati a una situazione strana per la loro età, poiché è venuto meno un aspetto importantissimo per loro: la socializzazione. Uno degli aspetti più negativi della didattica a distanza infatti è la mancanza di socialità, la mancata idea di una coralità di gruppo. Sono fiduciosa però che i giovani abbiano cercato altri sistemi per mantenersi vivi. Io ho molta fiducia negli adolescenti, anche se le problematiche adolescenziali adesso sono diventate più complesse, però a proposito di dispersione scolastica credo che essa abbia radici più profonde. Sostanzialmente credo che chi aveva una struttura già fragile alla base sia stato danneggiato da questa situazione, bambino, adolescente o adulto che sia, mentre chi invece aveva una struttura più solida, si sia adattato meglio. Io non difendo la didattica a distanza, ma credo che le qualità e le caratteristiche individuali facciano sì che ragazzini più strutturati reggano meglio, mentre i più fragili no. Per cui non farei di tutta l’erba un fascio. Certo, non vanno sottovalutati tutti i segnali attuali di depressione, che possono peggiorare un io già fragile, ma per questo non darei tutta la responsabilità alla didattica a distanza”.