Lo spettro della secessione della Scozia dal Regno Unito inizia ad aleggiare sui cieli di Londra: per la prima volta infatti i sondaggi sul voto che deciderà la permanenza o meno di Edimburgo sotto la corona inglese fa segnare un 51% di preferenze per gli indipendentisti.
Oltre ad essere una svolta storica non da poco, la Scozia fa parte del Regno Unito da oltre tre secoli, lo shock economico in entrambe le nazioni rappresenterebbe una bella ‘gatta da pelare’ per i (possibili) rispettivi governi.
I primi effetti si possono già riscontrare in queste ore. Dopo la notizia del ‘sorpasso’ degli indipendentisti sugli unionisti, stando alle stime di uno degli istituti britannici più affidabili, YouGov, la sterlina ha iniziato a perdere terreno sia nei confronti del dollaro, – 1,3% in poche ore e fermandosi a quota 1,6118, sia nei confronti dell’euro, con gli scambi tornati a quota 1,245 e riducendo al 3% il guadagno da inizio anno della moneta britannica su quella unica europea.
A soffrire sono stati anche i titoli di stato britannici, con i ‘gilt’ decennali che hanno toccato quota 2,48% di rendimento – per intenderci, 17 punti base più dei ‘btp’ italiani.
Le stime degli analisti non promettono nulla di buono per l’immediato futuro e si prospettano scenari apocalittici qualora dalle urne scozzesi, il 18 settembre, uscissero vincitori gli indipendentisti.
Dal punto di vista geografico la Gran Bretagna perderebbe infatti il 32% del proprio territorio e l’8% della popolazione mentre dal punto di vista economico la perdita della Scozia diminuirebbe il prodotto interno lordo del 10% circa, con un deficit commerciale sul Pil del nuovo Regno Unito che aumenterebbe nell’ordine del 2-3%, contribuendo in questo modo ad una estrema debolezza della sterlina.
Proprio la sterlina è uno dei punti topici di questa ‘battaglia’. Gli scozzesi vorrebbero tenerla, speranzosi per una possibile unione monetaria che permetterebbe loro di poter continuare ad utilizzare il pound, con la minaccia, neanche troppo velata, di rifiutarsi di farsi carico dei debiti della Gran Bretagna in caso contrario. Da Londra invece si intensificano le voci di mancata concessione della moneta britannica in caso di separazione. A Westminster vogliono giocare questa carta per cercare di tamponare il fronte indipendentista. Lo spettro della crisi monetaria europea è ancora molto potente e dalle parti di Edimburgo non vorrebbero correre il rischio di cadere in una spirale di crisi senza uscita.
Anche la Scozia però correrebbe i suoi bei rischi. Stando infatti all’economista premio Nobel Paul Krugman i territori a nord del vallo di Adriano diventerebbero una ‘Spagna senza sole’, con rischi enormi in caso di perdita della sterlina e un inevitabile trasferimento di capitali verso Londra.
In questi giorni il governo britannico, guidato dal conservatore David Cameron, sta tentando di tamponare la spinta indipendentista, fino a poco tempo fa considerata poco preoccupante. Il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, in prima fila per il fronte unionista scozzese ‘Better Togheter’ ha infatti anticipato l’arrivo a giorni di un piano d’azione per garantire più poteri alla Scozia, la cosiddetta ‘Devomax’, l’estrema autonomia che dovrebbe garantire un’autonomia fiscale quasi totale e nuovi spazi sul welfare. Pronta la risposta del leader nazionalista Alex Salmond, che ha accusato senza mezze misure Londra di cercare di comprarsi i consensi necessari per la vittoria del fronte unitario.
Ma la battaglia, come immaginabile, presenta tante sfaccettature e naturalmente tanti risvolti politici. Sull’attenti il partito laburista britannico. I conservatori infatti eleggono un solo deputato in Scozia e qualora Edimburgo dichiarasse indipendenza il partito guidato da Ed Miliband rischierebbe seriamente di fare opposizione a vita nelle sale di Westminster.
A questo bisogna aggiungere che in caso di secessione la Gran Bretagna si presenterebbe alle urne per il referendum sull’uscita dall’Unione Europea, in programma nel 2017, senza gli scozzesi, in larga parte filo europeisti, ed il rischio dell’uscita di Londra dai radar di Bruxelles sarebbe davvero alto.
Il fronte britannico è aperto, gli interessi in ballo molteplici. Ora la parola agli elettori scozzesi.
Mario Di Ciommo