Una città di circa 125 ettari con torri, mura di cinta, tracciati stradali e magazzini commerciali finora nascosti. Questo il risultato di un’indagine, partita a pochi km dall’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Roma, che ha portato alla scoperta di un’area archeologica (nella foto una visione panoramica) fino a pochi giorni fa sconosciuta, che renderebbe Ostia Antica il più grande sito archeologico italiano. La Soprintendenza archeologica di Roma non esita a parlare di scoperte eclatanti, grazie al ritrovamento della parte di città “sommersa”, infatti, si è riuscito a ricostruire che “nel I secolo a.c., il Tevere non chiudeva la città a nord, ma la divideva in due parti” e che con 70mila metri quadrati Ostia rappresentava una delle città portuali più importanti del Mediterraneo. “La presenza di grandi aree di stoccaggio nella parte di Ostia a nord del Tevere – affermano gli studiosi che hanno preso parte al progetto – riapre il tema delle dimensioni degli scambi commerciali che si svolgevano sulle sponde del fiume nei primi due secoli del millennio.”
Lo studio, iniziato nel 2007, è stato condotto da Angelo Pellegrino e Paola Germoni, della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, e da due università inglesi, guidate da Simon Keay (University of Southampton-British School at Rome) e Martin Millet (University of Cambridge). Le indagini, effettuate attraverso il metodo magnetometrico, hanno reso possibile la scansione del sottosuolo e il rilevamento di un’area che aumenterebbe del 50% la zona archeologica di Ostia Antica. Come afferma Mariarosa Barbera, soprintendente speciale ai Beni archeologici, “la scoperta non solo aumenta la città conosciuta e documentata, ma conferma che il Tevere non chiudeva l’agglomerato a nord, ma lo divideva in due parti, così come accadeva e accade a Roma”. Dai rilevamenti è emerso anche che, tra il Tevere e le mura, sorgono almeno quattro edifici molto grandi, considerati tra le strutture più imponenti finora scoperte nel sito archeologico, e che le mura sono percorse da alcune torri alte almeno 6 metri per 8. Attualmente, “la zona di ritrovamento – che ora porta il nome di “ Isola Sacra”, come confermato Paola Germoni- è soggetta a forte abusivismo edilizio, che ha reso ancora più difficile portare a termine le indagini”.
Ora, dopo il clamore, cosa succederà, concretamente, alla città sotterranea? Barbera risponde che “anche se l’operazione non sarà più sotto forma di campagne di scavi, che non ci possiamo più permettere, continuerà con scavi mirati, sulla base dei risultati della ricerca geofisica”.
Cecilia Greco