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HomeSport Scimmie contro il razzismo. Polemiche per la campagna della Lega di Serie A

Scimmie contro il razzismo
Polemiche per la campagna
della Lega di Serie A

L'opera dell'artista Simone Fugazzotto

L'agente di Lukaku: "Una vergogna"

di Flavio Russo17 Dicembre 2019
17 Dicembre 2019

Inter's forward Romelu Lukaku in action during the Italian Serie A soccer match between ACF Fiorentina and Inter FC at the Artemio Franchi stadium in Florence, Italy, 15 December 2019 ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI

Può una scimmia essere il simbolo di una campagna di sensibilizzazione contro il razzismo nel mondo del calcio? Evidentemente sì, se la Lega di Serie A ha deciso di affidare la creazione di un’opera contro la discriminazione all’artista milanese Simone Fugazzotto, noto per ritrarre nelle sue opere primati di ogni genere.

Una scelta che ha fatto discutere, se non fosse altro che è prassi consolidata negli stadi italiani, associare beceramente i giocatori di colore alle scimmie. Fugazzotto ha provato a giustificare la sua scelta, postando su Instagram questo commento: “Perché non smettere di censurare la parola scimmia nel calcio ma rigirare il concetto e affermare invece che alla fine siamo tutti scimmie? Perché se siamo essere umani, scimmie, anime reincarnate, energia o alieni chissenefrega, l’importante è sentire un concetto di eguaglianza e fratellanza”. Sarà, ma il messaggio non deve essere stato così immediato, se da più parti sono partite le critiche. Su Twitter dalle loro pagine ufficiali Roma e Milan hanno espresso le proprie perplessità sulla campagna commissionata dalla Lega.

 

 

Più forte il commento di Michael Yormark, agente di Romelu Lukaku, l’attaccante dell’Inter che da pochi mesi in Italia, si è già dovuto confrontare più volte con il problema del razzismo negli stadi di Serie A: “È una vergogna. Ogni volta che la Lega Serie A apre la bocca peggiora la situazione […] Quelle immagini sono insensibili, imbarazzanti non solo per la Lega ma per i club in tutta Italia”.

Reazione tutto sommato comprensibile, perché se spesso e volentieri di discriminazione si parla in relazione a quello che succede sugli spalti, meno dibattuti sono gli scivoloni di chi siede sulle poltrone che contano nel calcio. Dall’ex presidente della Figc, Carlo Tavecchio, che parlò della stella del Manchester United, Pogba, all’epoca alla Juventus, come di uno che: “Prima mangiava banane e adesso gioca titolare”, al presidente della Lazio e consigliere federale, Claudio Lotito, che appena un mese fa ha definito i bianchi “quelli con la pelle normale”. Senza dimenticare i recenti casi delle dirigenze di Verona e Cagliari, che hanno difeso a spada tratta le proprie tifoserie, colpevoli di aver rivolto i soliti “buu” razzisti contro avversari di colore. Perché il virus del razzismo, come limite culturale del nostro calcio, colpisce a tutti i livelli, e il pesce quando puzza, puzza dalla testa.

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