Dopo tre anni di dubbi, è tempo di risposte sul caso di Alex Schwazer. L’ex marciatore azzurro è stato squalificato per doping l’11 agosto 2016 dal Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna e, in quanto recidivo, fermato fino al 2024. Di fatto, “a vita”.
Oggi al tribunale di Bolzano va in scena l’ultima, decisiva, tappa: perché di pari passo con la vicenda sportiva va quella penale, che riguarda l’eventuale dolo dell’atleta. E c’è un dramma personale: “Sono innocente, è un complotto”, aveva urlato al momento della condanna. Poi le domande: le provette che gli sono costate la squalifica sono state manomesse?
Oggi arriverà la certezza definitiva. Se non altro perché – come ha spiegato il gip, Walter Pelino, durante l’ultima udienza – non ci saranno ulteriori indagini. In mezzo, una nuova perizia scientifica consegnata nei giorni scorsi dal comandante dei Ris di Parma, Giampietro Lago. Le cui analisi sono iniziate nel marzo 2018, e hanno evidenziato come la concentrazione di Dna nei campioni fosse rimasta elevata, mentre la quantità di materiale genetico nel campione B risultava addirittura tre volte superiore a quella del flacone A.
Per la difesa di Schwazer, risultati anomali che confermano una manomissione. Poi altri esami, con la perizia chiamata a fare definitivamente chiarezza. I difensori dell’atleta non hanno dubbi: si tratta di un complotto per punirlo, dopo che, insieme al suo allenatore Sandro Donati, l’atleta aveva lanciato accuse sull’uso di doping nel mondo dell’atletica.
Per questo il suo legale Gerhard Brandstaetter aveva già denunciato ombre e sospetti sul viaggio che aveva portato i flaconi di urine da Racines (casa di Alex) a Colonia (sede del laboratorio antidoping). “Lacune nella custodia delle provette” ammesse dallo stesso Pelino. Che oggi si esprimerà, una volta per tutte.