E’ tornato sulla “sua” Concordia Francesco Schettino, il discusso ex comandante che la sera del 13 gennaio 2012 ordinò quel fatale “inchino” all’isola del Giglio che causò il naufragio della grande nave della Costa Crociere e la morte di 32 persone, tra passeggeri e membri dell’equipaggio.
«Torni a bordo!». Venticinque mesi dopo non aver eseguito il famoso ordine ricevuto telefonicamente dal capitano di fregata Gregorio Maria De Falco, capo della sala operativa della Capitaneria di Porto di Livorno, oggi Schettino ha invece chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Grosseto, che lo sta processando per i fatti di quella tragica notte, il permesso di arrampicarsi sul barcarizzo, percorrere i corridoi interni e rivedere quella plancia, dove secondo l’accusa quella notte riuscì a sbagliare una decisione dopo l’altra, sia prima che dopo l’impatto.
Insieme a Schettino – che in qualità di imputato ha il diritto di assistere al sopralluogo, ma non di esprimere le proprie valutazioni – sono saliti a bordo il suo avvocato Domenico Pepe, i pm Alessandro Leopizzi e Stefano Pizza ed i periti di parte della difesa, che stanno cercando di dimostrare come un presunto guasto al generatore di emergenza possa aver contribuito a rendere ingovernabile la nave.
La ressa di giornalisti e fotografi. Schettino non ha gradito la ressa di giornalisti e fotografi che lo hanno seguito passo passo in ogni tappa di questa intensa mattinata: dalla villa in collina che ha preso in affitto, all’albergo dove è stato effettuato un briefing sulle procedure da rispettare a bordo, fino al porto. Più volte ha infatti chiesto aiuto alle forze dell’ordine per poter attraversare il “muro umano” che si è trovato di fronte, e in un eccesso di nervosismo ha perfino sferrato un pugno sul cofano dell’auto da cui era sceso.
L’indifferenza dei gigliesi. Del tutto indifferenti alla visita di Schettino si sono dimostrati invece i gigliesi, più interessati casomai all’effettiva rimozione entro giugno, prima dell’inizio della nuova stagione turistica, del relitto della Concordia, recentemente raddrizzata ma ancora vistosamente presente nel panorama dell’isola: muta presenza in memoria delle vittime del naufragio. Chi c’era ricorda infatti ancora bene quella fredda notte d’inverno, quando tremila persone, bagnate, spaventate e infreddolite, si riversarono in massa sull’isola in cerca di aiuto, e trovarono nella gente del Giglio – i pescatori, che misero in acqua le barche; il sindaco, che coordinò gli aiuti insieme alla Capitaneria; il parroco, gli albergatori ed i cittadini, che aprirono le porte a tutti – quella dedizione e quel conforto che avrebbero avuto invece diritto a ricevere in primis dal comandante della loro nave, che rimase impietrito sugli scogli: «a guardare», sostiene la Procura; «a coordinare i soccorsi da terra», replica ancora oggi lui.
Il dolore dei parenti. Chi proprio non ha gradito la “passerella” di Schettino sono, comprensibilmente, i familiari delle 32 vittime: «Molti di loro mi hanno scritto che è una vergogna – ha affermato il sindaco del Giglio, Sergio Ortelli – e pur essendo io un garantista e ritenendo legittimo il suo diritto di risalire sulla Concordia, sto dalla parte di quei parenti. Schettino è un caso umano: quella notte ha avuto un attacco di panico e non ha saputo gestire la tragedia che aveva provocato. Al suo posto non sarei tornato: il Giglio avrà sempre un legame vero con le famiglie delle persone che sono morte qui».
Di Alessandro Testa