Prosegue la flessione della Lega di Matteo Salvini nei sondaggi. Gli istituti di rilevazione, Swg, Ipsos e anche la supermedia settimanale, lo danno ormai stabilmente sotto il 30%. Il Carroccio se si votasse oggi avrebbe il 28,2%, in calo dell’1,3% in sette giorni per l’istituto di sondaggi diretto a Riccardo Grassi (SWG) , ormai quindi vicino al Partito Democratico, salito al 20,3%. Anche Nando Pagnoncelli, direttore di Ipsos, con la sua rilevazione fa notare un vasto calo della Lega, ancora saldamente primo partito, ma al 25,4%, valori simili a quelli di maggio 2018. Anche per Pagnoncelli il Pd è in risalita al 21,3%.
Inevitabilmente si sta aprendo dentro il partito guidato da Matteo Salvini una riflessione. Al momento le voci rimangono molto basse e nessuno è esplicitamente venuto allo scoperto, ma nella galassia leghista sono due i nomi a cui si guarda di più per un possibile dopo Salvini: Luca Zaia e Giancarlo Giorgetti.
Il primo si è distinto nei mesi della pandemia da Covid-19 come un abile e ben rodato amministratore di regione. Il suo Veneto, che guida ormai da un decennio, è riuscito a contenere l’espandersi del virus, riducendo, grazie a un ampio uso dei tamponi, a mantenere basso il numero di nuovi contagiati giornalieri. Tra i due, Salvini e Zaia, vi è indubbiamente un profondo rispetto e stima, difficilmente però al segretario federale non desterà qualche pensiero l’altissimo consenso del governatore veneto, i sondaggi lo danno infatti intorno all’80% di gradimento.
Del braccio destro di Salvini, Giancarlo Giorgetti, vera eminenza grigia del partito ex-padano, tutti conoscono già l’abilità politica e la scaltrezza, dimostrata da sottosegretario della presidenza del Consiglio durante il governo Conte I. In queste settimane Giorgetti però, ha iniziato, secondo alcuni retroscena, a non condividere totalmente l’idea dell’attacco frontale al governo, strategia portata invece avanti dal leader del Carroccio. Sul dibattutissimo Meccanismo europeo di stabilità, cannoneggiato da giorni da Salvini, Giorgetti ha un’opinione più moderata e dialogante.
Insomma, tra i tanti effetti provocati dalla pandemia, non è escluso che, in un futuro non troppo lontano, il solco tra massimalisti e moderati leghisti possa ampliarsi e favorire, dopo sette anni di salvinismo, un cambio al vertice del partito fondato da Umberto Bossi.