L’ex ministro Claudio Scajola è stato arrestato stamattina all’allba dalla Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria in un albergo di via Veneto, a Roma. L’accusa è di aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena, imprenditore ed ex parlamentare calabrese, arrestato lo scorso 28 agosto a Dubai, dov’era fuggito dopo la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. La misura cautelare ha colpito, oltre all’ex ministro e alla sua segretaria Roberta Sacco, altre cinque persone legate a Matacena: la moglie Chiara Rizzo, la madre Raffaella De Carolis, il commercialista Antonio Chillemi, il “factotum” Martino Politi e la segretaria Maria Grazia Fiordalisi.
Ancora in Libano. Dopo l’arresto di Marcello Dell’Utri a Beirut, c’è di nuovo il Libano al centro dei guai giudiziari di un altro uomo appartenente alla cerchia di Silvio Berlusconi. Secondo la Dia – impegnata nell’operazione “Breakfast” – era proprio lì che Scajola avrebbe cercato di mandare Matacena, facendolo uscire da Dubai. Dopo la fuga negli Emirati Arabi, infatti, l’imprenditore reggino era stato arrestato dalla polizia locale su indicazioni delle forze dell’ordine italiane, tornando però in libertà dopo pochi giorni perché in Italia non era stata completata la procedura di estradizione. Negli Emirati Arabi, d’altra parte, non esiste il reato di criminalità organizzata e, in assenza di accordi bilaterali, i cittadini stranieri in attesa di estradizione non possono essere privati della libertà oltre a un certo limite di tempo. Privo del passaporto, Matacena non poteva comunque lasciare il Paese.
Le reazioni. «Sopreso e sconvolto», l’ex ministro di area forzista è stato portato al Centro operativo della Dia nella capitale e ha chiesto di conoscere le motivazioni dell’inatteso provvedimento. «Non so per quali motivi sia stato arrestato, me ne spiaccio e ne sono addolorato», ha commentato invece Silvio Berlusconi in diretta stamattina a Radio Capital, spiegando che la scelta di non candidare Scajola in vista delle prossime elezioni è dipesa dai risultati poco incoraggianti di un sondaggio sul suo gradimento da parte degli elettori e non da qualche sentore dell’inchiesta.
I guai con la giustizia. Non è la prima volta che Claudio Scajola, 65 anni e figlio del fondatore della Dc a Imperia, finisce nel mirino degli inquirenti. È di pochi mesi fa l’assoluzione in primo grado per il caso dell’appartamento romano con vista Colosseo, acquistato dall’imprenditore Diego Anemone «a mia insaputa», come affermò lo stesso Scajola con un’espressione rimasta celebre (il clamore suscitato dalla vicenda lo spinse però alle dimissioni dal ministero dello Sviluppo economico). Accuse – stavolta per associazione a delinquere – archiviate anche nel caso dell’inchiesta sui lavori al porto di Imperia. È ancora in corso invece l’indagine su Finmeccanica: i pm ipotizzano il reato di corruzione internazionale per una presunta tangente relativa a una commessa di fregate in Brasile.
Anna Bigano