Gino Maglio è un neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Negli ultimi anni ha visto un numero di ingressi nel pronto soccorso per azioni suicidari aumentare notevolmente. A noi di Lumsanews ha raccontato l’allarme e le sue caratteristiche.
Quali sono i dati dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma in merito alle tendenze suicidarie dei giovani?
“Negli ultimi anni c’è stato un aumento degli accessi in pronto soccorso sia per ideazione suicidaria, che per tentativo di suicidio, che per comportamenti di autolesionismo. Un aumento che è stato progressivo negli ultimi dieci anni ed è aumentato in maniera molto più netta negli ultimi due anni, quelli che hanno riguardato la pandemia. Un aumento del 75% addirittura rispetto al biennio precedente. Gli accessi in pronto soccorso per comportamenti suicidari sono passati dai 369 dell’anno 2018/2019 ai 649 del 2020/2021, quindi in media un caso ogni giorno”.
Quali sono le caratteristiche dei giovani che hanno tendenze suicidarie?
“Le manifestazioni sembrano essere macroscopiche ma certamente ogni paziente poi ha una storia a sé, fatta di vissuti soggettivi, disagio e sofferenza. Certamente esistono alcuni sintomi caratteristici che rappresentano queste condizioni, principalmente riguardanti i disturbi dell’umore (depressione e disturbo bipolare). L’irritabilità ad esempio è una caratteristica specifica di questi disturbi nell’età evolutiva o nella tarda infanzia a differenza dell’adulto, cioè sentirsi sempre molto agitati, nervosi, avere difficoltà a contenere la rabbia, perdere facilmente il controllo e diventare impulsivi, aggressivi verso gli altri e sé stessi. Questo si associa ad un umore cupo, con profonda tristezza, pessimismo e perdita di interesse e perdita di piacere nei confronti delle attività della vita quotidiana.
Quali sono le cause che hanno portato alla crescita del trend?
“Si tratta sempre di manifestazioni molto complesse che non hanno mai un’ unica causa specifica. Sicuramente un contesto stressante molto significativo è stato rappresentato dalla situazione critica della pandemia che tutti abbiamo vissuto e che ha portato ad un aumento di fattori di rischio come l’esclusione dalla vita sociale per i ragazzi: si sono ridotti gli incontri, le interazioni personali si sono interrotte, si è smesso di praticare sport, non è stata frequentata la scuola. Anche le relazioni nel contesto familiare si sono modificate. Tutto questo è stato un fattore esterno stressante di grande cambiamento che ha inciso molto; motivo per cui probabilmente il trend in aumento lo abbiamo riscontrato principalmente in questi due anni di pandemia”.
È cambiato di conseguenza il vostro metodo di lavoro sul problema?
“Sono attivi ed in via di sviluppo servizi che si occupano proprio di questi ragazzi. Esiste un percorso di day hospital per la gestione ad alta assistenza dei pazienti con autolesionismo, ideazione e comportamenti suicidari. Si tratta di un Day Hospital dedicato a percorsi di valutazione diagnostica specialistica e percorsi di trattamento integrato che lavora in collaborazione con le Asl del servizio territoriale, viene fornita anche assistenza al nucleo familiare con interventi di supporto psicologico ed incontri psicoeducativi. In ospedale viene fatta una valutazione specialistica in pronto soccorso e poi il neuropsichiatra decide qual è il tipo di percorso più indicato per il paziente. Nelle situazioni più critiche viene indicato il ricovero presso il reparto degenza neuropsichiatria infantile per stabilizzazione della fase acuta, successivamente in base alla condizione clinica si stabilisce il percorso di assistenza più indicato che può essere di day hospital o un percorso ambulatoriale o di assistenza sul territorio”.
Che risultati avete riscontrato grazie a questo metodo di lavoro?
“Queste condizioni sono certamente molto complesse, i comportamenti così eterogenei e critici che non sono mai pienamente prevedibili. Riconoscere questo tipo di disturbi, fare una valutazione specialistica corretta è però il primo passo verso una possibilità di aiuto. Dare dei risultati ora è presto perché bisognerebbe fare un ragionamento su larga scala più ampio, quel che è certo è che è importante dare spazio a questo tipo di problematica”.
Aiutare questi ragazzi è possibile?
“Sì, e la prima cosa da fare è riconoscere e accettare che esistono delle condizioni di importante sofferenza psichica e di disagio anche nei bambini e negli adolescenti. Questo è importante per superare precedenti preconcetti. Prima si credeva che bambini e giovanissimi non potessero soffrire di queste condizioni quindi è importante parlarne e considerarle da un punto di vista medico psichiatrico. In questo modo anche i ragazzi capiscono che è possibile avere un supporto, un sostegno ed accedere a percorsi di cura concreti”.
Serve anche fare prevenzione…
“La prevenzione è importante, certamente parte da una corretta informazione, a volte possono essere colti alcuni segnali da parte delle famiglie o della scuola e questo è un passaggio cruciale per poi eventualmente attenzionare i giovani ad un esperto. È necessario che questi ambienti favoriscano una rete di relazioni che siano positive per dar voce a questo tipo di disagio”.
Come farla correttamente?
“Credo che a livello territoriale sia importante strutturare dei percorsi assistenziali che, oltre alla cura ed alla presa in carico degli aspetti terapeutici e riabilitativi, possano garantire le principali condizioni per una corretta prevenzione. Quindi una formazione a livello scolastico sicuramente, ma anche che possa inglobare anche i pediatri di libera scelta, ma soprattutto una comunicazione che possa abbattere lo stigma, la vergogna ed i preconcetti ancora purtroppo presenti per i disturbi mentali. Parlandone si trasmette informazione e si crea conoscenza, e la conoscenza permette poi di intervenire correttamente impostando un piano di prevenzione adeguato”.
Ci sono conseguenze a lungo termine per questo?
“È difficile da dire perché questi comportamenti suicidari sono delle manifestazioni molto complesse, è molto difficile prevederne un decorso definito. Certamente tali comportamenti non sempre sono prevedibili. Ciò che si può fare è riconoscere precocemente quelle condizioni di sofferenza che necessitano di assistenza specialistica; sappiamo infatti che esiste un legame tra suicidio e disturbi mentali, in particolare i disturbi dell’umore, questo è ampiamente riconosciuto a livello internazionale; bisogna dunque garantire la possibilità di accedere in modo semplice ai percorsi di sostegno specialistici adeguati per tale problematiche. In questo senso parlarne significa fare il primo passo verso un possibile percorso di cura. L’assenza di trattamento certamente può incidere negativamente sia come rischio che in modo globale portando a conseguenze sociali, psicologiche e comportamentali nella vita adulta.