NEWS ANSA

Sito aggiornato alle 13:20 del 22 novembre 2024

HomeEconomia Salario minimo, il convitato di pietra del sindacato

Salario minimo, il convitato di pietra del sindacato

di Tommaso Bertini22 Ottobre 2021
22 Ottobre 2021

Un'operaio metalmeccanico al lavoro in un'immagine d'archivio. GIORGIO BENVENUTI-ARCHIVIO / dba

In Italia si è tornato a parlare di salario minimo. Il 19 ottobre in commissione Lavoro del Senato è iniziata la discussione sul Ddl proposto dalla senatrice Nunzia Catalfo, che intende istituire una soglia di retribuzione oraria minima di 9 euro lordi. Non è la prima volta che nel nostro Paese si affronta una tematica tanto spinosa, quanto delicata. Secondo le statistiche dell’Ocse rielaborate da Openpolis, infatti, l’Italia è l’unico Paese europeo, dal 1990 al 2020, ad aver visto diminuire i propri salari.

Per questo si assiste da anni a un progressivo impoverimento della classe lavoratrice. L’economista e professore ordinario dell’Università di Roma tre, Fabio Padovano, intervistato da Lumsanews, parla di sviluppo nel nostro Paese del fenomeno dei cosiddetti “working poor”, ovvero quelle persone che, pur lavorando, percepiscono per vari motivi salari bassi, trovandosi quindi in una condizione di povertà. Le responsabilità di una tale situazione sono spesso attribuite alle organizzazioni sindacali. Secondo l’avvocato ed esperto di diritto del lavoro Giovanni De Francesco, i sindacati “da oltre vent’anni non garantiscono più i minimi salariali che consentirebbero quella esistenza libera e dignitosa imposta dall’articolo 36 della Costituzione”. Di conseguenza, prosegue l’avvocato, “visto che i sindacati non garantiscono più una paga minima sufficiente, la speranza è che lo faccia il Parlamento”.

In un contesto di questo genere, l’ipotesi di introdurre una legge che preveda un salario minimo garantito potrebbe effettivamente sembrare una soluzione plausibile per favorire non solo gli aumenti dei redditi, ma anche l’occupazione stessa. Tesi sostenuta dal premio Nobel per l’economia 2021 David Card, che ha studiato gli effetti sul mercato del lavoro nel New Jersey a inizio anni Novanta. A livello europeo, nel 2020 è stata proposta dalla Commissione Ue una direttiva che indicava la via del salario minimo come rimedio alla disuguaglianza e alla povertà lavorativa. 

La politica italiana ultimamente ha dato alcuni segnali di apertura. A fine settembre, infatti, si è iniziata a delineare un’intesa tra Partito democratico e Movimento 5 stelle sull’argomento. Tuttavia il governo, per ora, non ha dato segno di voler includere la norma nel programma di rilancio del Paese. Anche perché la maggioranza che lo sostiene non è unanimemente concorde sul tema. Ma i dubbi non vengono solo dalla politica.

Le maggiori organizzazioni sindacali, Cgil Cisl e Uil, di fronte all’ipotesi di una via legislativa che regoli le retribuzioni orarie minime, individuano numerosi problemi. Come sostiene la segretaria confederale della Uil, Tiziana Bocchi, “assumere, in astratto, un valore, che sia 9 euro, 8, 15 o 25, non crea un vantaggio per nessuno, anzi allargherebbe la zona grigia che noi cerchiamo di combattere. Il problema – spiega Bocchi – è che da anni si assiste a una progressiva elusione dei contratti collettivi nazionali”. Se di legge bisogna parlare, conclude la segretaria confederale Uil, occorre che sia “una legge leggerissima, che assuma i minimi contrattuali come minimi di legge e il testo unico siglato con Confindustria nel 2014 come punto di arrivo”. Opinione simile a quella di Manuela Pascarella, responsabile reclutamento della Flc Cgil Scuola: “Il salario minimo non deve essere uno strumento per indebolire la contrattazione collettiva, perché la contrattazione collettiva è lo strumento principe per la tutela della condizione dei lavoratori”. Altro tema evidenziato dai principali sindacati è quello dei cosiddetti “contratti pirata”, ovvero quegli accordi siglati da organizzazioni sindacali non rappresentative, che fanno un gioco al ribasso, a vantaggio dei datori di lavoro, rispetto al salario dei lavoratori e ai loro diritti. Un tale problema si potrebbe risolvere, secondo Pascarella, con una legge sulla rappresentanza, che diventerebbe “uno strumento con cui un’organizzazione sindacale acquisisce una legittimità in funzione del numero di operatori e di lavoratori di un determinato settore che rappresenta”.

Tuttavia, anche tra i sindacati non c’è piena concordanza. Guido Lutrario, membro dell’esecutivo nazionale confederale dell’Unione sindacale di base (Usb), si dichiara favorevole all’introduzione della legge sul salario minimo, e rigetta l’argomentazione secondo cui questa materia dovrebbe essere lasciata alla contrattazione. Quest’ultima, sostiene Lutrario “non è stata in grado, nel corso di questi decenni, di salvaguardare i salari. La legge provocherebbe una spinta verso l’alto della contrattazione. Se sotto i 9 euro non si può scendere, di conseguenza tutti i livelli superiori avrebbero diritto a un rialzo”. Anche la legge sulla rappresentanza e la messa fuori legge dei contratti pirata, che secondo il sindacalista Usb sono misure auspicabili, non risolverebbero completamente il problema dei minimi salariali, in quanto “molti dei contratti siglati dalle stesse Cgil Cisl e Uil prevedono dei minimi ben al di sotto della soglia dei 9 euro”.

Al di là del dibattito politico, Padovano individua alcuni accorgimenti dietro l’introduzione della legge sul salario minimo. Oltre alla legge sulla rappresentanza e l’inclusione di aspetti come tredicesima, quattordicesima e Tfr, secondo l’economista, una legge sul salario minimo dovrebbe tenere conto anche dei diversi livelli produttivi nel Paese. Questi livelli “non hanno una differenziazione solo sulla base dei settori industriali, ma anche sulla base geografica, date le differenze esistenti tra nord e sud d’Italia”. Inoltre occorre armonizzare la legge sul salario minimo con il reddito di cittadinanza, che va quindi “modificato per renderlo più temporaneo a un livello di reddito più basso e incrementare gli incentivi alla ricerca del lavoro. Ciò che mi preoccupa – prosegue il professore – è che il fatto del reddito di cittadinanza, dal punto di vista di applicazione della norma, ha mostrato tutti i limiti della macchina amministrativa del nostro Stato”. In un Paese dove “abbiamo circa tre milioni di aziende e pochi ispettori del lavoro – conclude Padovano – se vi fossero delle violazioni alla legge sul salario minimo, così come le violazioni al reddito di cittadinanza, chi andrebbe a controllare?”

 

Ti potrebbe interessare

logo ansa
fondazione roma
Carlo Chianura
Direttore delle testate e dei laboratori
Fabio Zavattaro
Direttore scientifico
@Designed & Developed by Bedig