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“Sacro Gra”, in viaggio alla scoperta della Roma nascosta. Il docu-film di Rosi Leone d’oro alla 70esima edizione del Festival di Venezia

di Marcello Gelardini09 Settembre 2013
09 Settembre 2013

A Venezia vince l’Italia; ma soprattutto trionfa Roma e, con lei, quelle storie di ordinaria umanità che spesso restano oscurate dai palazzi della politica, dalle luci dello spettacolo e dalla frenesia di una città che corre, corre e raramente si ferma ad osservare ciò che le accade attorno. Perché “Sacro Gra”, il docu-film di Gianfranco Rosi premiato a sorpresa con il Leone d’oro alla 70esima edizione del Festival del cinema, è molto di più di una semplice fotografia della più lunga strada urbana d’Italia: è un omaggio in chiave neorealista a chi osserva ogni giorno migliaia di macchine passare sotto il proprio naso restando nell’anonimato.
Voci dalle periferie. Il regista, giramondo con la passione per Roma, ci dimostra che basterebbe guardarsi intorno durante una delle molteplici soste obbligate cui ti costringe quello che è stato ribattezzato il “grande parcheggio anulare” per capire che Roma non è solo caos e traffico; è un’enciclopedia della vita contemporanea. Ogni uscita (in totale 31), ogni chilometro (circa 64), ogni scorcio tra gli infiniti possibili nascondono una storia, mai uguale e mai banale: così troviamo il nobile piemontese decaduto che vive assieme alla figlia nubile e laureanda in un monolocale assegnato; ma si scopre anche che c’è chi, come Roberto, barelliere del 118, la nobiltà l’ha nel cuore; c’è la storia di Cesare, pescatore di anguille dell’Aniene, e quella di Francesco, palmologo con la missione di sconfiggere il punteruolo rosso; c’è Gianfranco, attore di fotoromanzi; c’è infine la vita kitsch e sopra le righe di Filippo e Xsenia, marito e moglie che vivono in un castello alla periferia nord della Capitale dove si svolgono matrimoni o si offre il servizio di «bred and brestfest» (bed and breakfast, ndr).
Personaggi osservati, studiati, analizzati, vissuti; questo il segreto del successo. Una vittoria che, anche in Italia, sdogana definitivamente il documentario e lo innalza a pieno titolo tra i generi cinematografici; la rivincita della realtà sulla finzione; un atto di coraggio che, probabilmente, senza il contributo del presidente della giuria, Bernardo Bertolucci, sarebbe stato rimandato ulteriormente.
La lunghissima gestazione. Il giusto tributo a un progetto ambizioso che affonda le proprie radici addirittura nel 2001, quando Nicolò Basetti, milanese trapiantato nella Capitale, decide di voler conoscere la città da una prospettiva insolita, diversa e opposta rispetto ai tradizionali tour per il centro storico o per i quartieri caratteristici. Convince due amici e prende alla lettera l’invito dell’Antonello Venditti magistralmente imitato da Corrado Guzzanti (l’anno, il 2001, è lo stesso), quello di «vieni con me sul Grande Raccordo Anulare»; inizia così un viaggio circolare intorno a Roma: prima i giri completi in auto dell’anello infernale, poi una mappatura minuziosa a piedi per scoprire le contraddizioni, i bianchi e i neri di una cornice apparentemente fatta solo di acciaio e asfalto oltre la quale c’è, però, molto di più.
Oltre il film. Tutto materiale ripreso e raccolto da Gianfranco Rosi, altri tre anni vissuti “sul campo”. Il risultato è “Sacro Gra”, dizionario illustrato della Capitale, e non solo: un sito web, un libro e una mostra fotografica completeranno l’opera nei prossimi mesi; satelliti destinati a gravitare per sempre attorno al pianeta Roma.

Marcello Gelardini  

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