Sono nate dal 2016, ma le aziende che operano nella sharing economy in Cina entro un paio di anni varranno qualcosa come 10 punti del loro pil nazionale – o almeno così credono gli analisti -. In principio fu Ofo a gettarsi nel mondo delle biciclette in condivisione, offrendo il noleggio ad un prezzo bassissimo (12 centesimi di euro per mezzora di utilizzo) e rivoluzionando la mobilità delle città cinesi: le biciclette non vengono più offerte dalle autorità comunali, come avviene normalmente in molte città europee, ma da una azienda privata. Per concludere il noleggio non c’è più bisogno di tornare alla rastrelliera parcheggio, ma si può lasciare ovunque in città. Un servizio che fornisce ai cinesi 16 milioni di biciclette, e che guarda con crescente interesse al mercato italiano.
Il salto verso occidente delle start up cinesi della mobilità però è stato compiuto dalla grande rivale di Ofo, Mobike. Le biciclette Mobike sono più belle e costruite con materiali avanzati e più appetibili al mercato occidentale. Le prime due città dove il gigante asiatico dello sharing ha deciso di investire sono Milano e Firenze.
Il mercato della condivisione nostrano, però, non gode della stessa salute dello sharing Cinese: una recente analisi delle quattro principali aziende che operano nel settore ha evidenziato una perdita di 27 milioni di euro in Italia, su un totale di 48 milioni di fatturato: un buco di 4.700 euro per macchina. I dati in realtà, necessitano di un approfondimento: le aziende di car sharing spesso sono controllate dalle stesse casa automobilistiche. L’esempio è Car2go: l’azienda è controllata da Daimler e impiega esclusivamente auto del gruppo Smart Mercedes, le cui consegne finiscono con il far lievitare il giro d’affari del gruppo.
Il car sharing, per i quali tutti i costruttori stanno spendendo molto è un’attività strategica molto cara per le casse di chi la propone che però finisce per far crescere il volume di affari di chi produce le auto.