ROMA – L’ufficialità è arrivata nella mattinata di ieri, mercoledì, quando il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti ha trovato sulla propria scrivania la lettera di dimissioni di Ernesto Maria Ruffini. In carica dal 2020, il direttore dimissionario lascia l’Agenzia delle Entrate dopo quattro anni di servizio in una settimana clou, caratterizzata da polemiche e attacchi a seguita della sua partecipazione al seminario organizzato dall’università Lumsa di Roma. Il tema: l’impegno politico dei cattolici democratici.
Un’ala che avrebbe individuato in Ruffini l’unica figura in grado di ricucire il centro-sinistra, alla ricerca di un federatore da affiancare a Calenda e Renzi. Ma in cui l’ex capo dell’Ade sembra per il momento non voler entrare, malgrado l’appello lanciato dal presidente di Italia Viva. “Se vuole correre lo faccia, ma gli do due consigli gratis: deve dimettersi dall’Agenzia delle Entrate, non può fare il manager del governo e il leader dell’alternativa, e deve scegliere un portavoce diverso”, ha detto Renzi intervenendo sul dibattito sul possibile leader dell’area centrista dell’opposizione a Skytg24.
Papabile per il ruolo di federatore, già dalla primavera scorsa anche il sindaco di Milano Beppe Sala. Tuttavia, a detta di alcuni, il sindaco non rappresenterebbe la scelta giusta per un ruolo così delicato. “Per fare il federatore ci vuole il fisico, non so se Sala ce l’abbia” sostiene il presidente del Centro Democratico Bruno Tabacci.
In un’intervista esclusiva rilasciata al Corriere della Sera, Ruffini ha chiarito però di “non voler scendere in campo”. “Per cambiare le cose poi non bastano i singoli ma credo nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune”, sostiene. Tra i motivi che avrebbero spinto Ruffini a lasciare il proprio incarico, anche le critiche rivolte al suo operato da parte del governo, che spesso ha addidato l’Agenzia come estorsore di un “pizzo” di Stato. Il leader dell’Agenzia dell’Entrate si è difeso, sostenendo che “il livello della tassazione lo decide il legislatore e non l’Agenzia. Inoltre, ha aggiunto: “I veri nemici del Pese sono gli evasori, perché se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato”.