Alfredo Romeo si avvale della facoltà di non rispondere. L’imprenditore napoletano, accusato di corruzione per le vicende che lo legano a Marco Gasparri, e in carcere da mercoledì scorso, è stato sottoposto questa mattina all’interrogatorio di garanzia del pm Gaspare Sturzo e, come previsto, non ha risposto alle domande degli inquirenti. “Non è vero nulla, sono vittima di una strumentalizzazione che mi sembra solo la conseguenza di un’aspra contesa di natura politica”, si è sfogato con i suoi legali, Francesco Carotenuto, Giovanni Battista Vignola e Alfredo Sorge, recati questa mattina a Regina Coeli.
“Nell’aprile scorso Alfredo Romeo ha presentato in Consip un esposto in cui venivano descritti i suoi rapporti e il meccanismo con cui venivano affidati gli appalti, lui fu danneggiato. Quell’esposto fu inviato per conoscenza anche all’Anac e all’Antitrust”, ha spiegato il legale Vignola, al termine dell’interrogatorio. “L’incartamento è stato inviato ai pm di Napoli tre mesi fa e a quelli di Roma venti giorni fa”, ha poi aggiunto.
Nonostante il suo silenzio di oggi, negli scorsi giorni ha tuttavia annunciato di voler formulare la richiesta di dichiarare nulli i presunti pizzini del suo cliente, recuperati dalla spazzatura del suo ufficio e ricostruiti dagli investigatori. “Sono stati prelevati e riassemblati in nostra assenza, – ha affermato il legale Carotenuto – si tratta di prove inammissibili.” E in quanto a presunti versamenti di soldi ha concluso che “non c’è prova che questi soldi siano stati versati”. I pizzini trascinano nella vicenda vari nomi, tra cui quello di Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, incastrato secondo i pm da una lettera ‘T’ puntata e preceduta dalla dicitura “30 mila euro al mese”.
Nel frattempo, la Procura di Roma continua ad indagare sulla cosiddetta “fuga di notizie”. I pm romani hanno avviato una serie di procedimenti, in base ai quali rischiano i pubblici ufficiali che hanno avuto diretto contatto con l’inchiesta e che potrebbero aver infranto il segreto istruttorio.