Quante volte capita di vedere dei manichini nudi dalle vetrine in allestimento. Tutto verrebbe da pensare fuorché dietro ci sia un lavoro artigianale. Invece c’è chi, i manichini, li ha sempre realizzati a mano e continua tuttora a farli così, perché crede che l’artigianalità, in un’era dove tutto o quasi è possibile alle tecnologie, sia un valore aggiunto. E’il caso di Gainluigi Contesini e della sua fabbrica di manichini sartoriali Arte Vetrina che, da oggi, in Galleria delle Cinque Lune, alle spalle di piazza Navona, a Roma, mostra al pubblico come busti apparentemente inanimati possano raccontare in realtà molto di più: ad esempio i canoni di bellezza femminili che si sono susseguiti dall’epoca di realizzazione dei primi manichini ai nostri giorni.
Inserita nel calendario degli eventi collaterali della settimana delle sfilate romane e con il patrocinio di Altaroma, “MÀNNEKEN- Manichini artistici e di moda: creatività artigiana”, organizzata dalla giornalista Stefania Giacomini e dall’ufficio stampa di Emilio Sturla Furnò, è un’esposizione delle maestranze di Arte Vetrina dal 1922 fino ad oggi, un percorso visivo tra diverse “etiche del manichino”: dalle collezioni dedicate alle grandi maison come Ferragamo, Valentino, Fendi, per citarne alcune, che sembrano incarnare l’essenza riconoscibile di quei marchi, a serie intitolate alla bellezza italiana da chi ci guarda dal di fuori, come quella della casa giapponese Kyoya. Manichini ecosostenibili, come “Replique”, costruito interamente con materiale riciclato e riciclabile, o, perché no, manichini in disuso recuperati dall’archivio storico di Arte Vetrina e dotati di una nuova vita, nell’opera “Fuori dalla Rete” della designer Ludovica Cirillo.
“E’ la prima volta che allestiamo un’esposizione così come l’abbiamo studiata adesso” ha commentato Gianluigi Contesini, tra gli organizzatori di MÀNNEKEN nonché titolare di Arte Vetrina, “è una storia di laboratorio, che spiega il suo passato e contemporaneamente guarda al futuro”. Intento della mostra, infatti, è quello di rilanciare la dimensione dell’artigianalità agli occhi di pubblico e mass media, in particolare sensibilizzando i giovani a quelle “tradizioni artigianali che ci hanno fatto grandi come Paese e rimangono uniche: gli altri ci copiano!” ha detto sorridendo Contesini che, di tradizioni, ne sa qualcosa: fu un suo antenato, Giovanni Rosa, ad aprire una delle prime botteghe di produzione di manichini in Italia, a Milano, ma soprattutto il primo ad imprimere volti più realistici alle sculture in resina, prendendo ispirazione dalle stelle nascenti del cinema. E’ poi un altro Contesini, Matteo, padre di Gianluigi, a spostare il laboratorio a Roma e a continuare il fruttuoso sodalizio con musei e cinema che ha portato l’attuale Arte Vetrina ad essere tra le più accreditate fabbriche di manichini a livello nazionale ed estero.
Dietro al “piccolo uomo” (questo infatti vuol dire l’olandese manneken ,coniato a fine ‘700 per indicare i modelli di dimensioni ridotte che le sarte inviavano da Parigi alle dame di tutte le corti d’Europa e non solo, affinché fossero al passo con i tempi sulle ultime mode) c’è un lavoro lunghissimo, ha spiegato Contesini: “prima di costruire un manichino si parte dallo studio della vestibilità e dell’immagine che il cliente vuole esprimere e poi si passa al disegno del bozzetto e alla modellazione con il gesso, tutto rigorosamente a mano, dalla falegnameria, ai metalli, al trucco perché si parla di pezzi unici”.
Un settore che, quindi , inaspettatamente, può offrire anche molto lavoro ai giovani. “Tutto va di pari passo con il mercato” spiega il patron di Arte Vetrina, realista sui tempi che viviamo. In ogni caso, la sua fabbrica è un esempio di artigianato che resiste: “un grande laboratorio dove ognuno ha una mansione artistica: c’è sempre spazio per imparare”ha concluso Contesini, lasciando una porta aperta all’artigianato come via di rilancio per il nostro Paese.
Alessandra D’Acunto