«Dammi millecinquecento euro o ti multo». Si è sentita dire questo la titolare di un bar della capitale da un vigile urbano che, dopo aver riscontrato presunte irregolarità nel suo locale, le ha offerto di chiudere la questione in cambio di una mazzetta. Se la proprietaria non avesse accettato, sarebbero scattati i controlli e, quasi sicuramente, una multa astronomica. La donna, però, è stata più scaltra e non ha ceduto alle pressioni. Così ha sì preparato i soldi, ma d’accordo con i carabinieri, per poi far cogliere lo zelante vigile in flagranza di reato. A sorprenderlo con le mani nel sacco, sono stati i militari della stazione carabinieri di Roma Città Giardino, che lo hanno trasportato al carcere Regina Coeli, con l’accusa di concussione.
Questi avvenimenti non riguardano solo grandi opere o investimenti milionari come il Mose di Venezia o l’Expo 2015, ma toccano anche la quotidianità dei piccoli commercianti e imprenditori. Solo poco tempo fa infatti due ispettori dell’Agenzia delle Entrate chiedevano circa 25 mila euro a un ristoratore romano per ridurre una sanzione amministrativa di più di 500 mila euro. Neanche in questo caso, fortunatamente, i soldi sono stati incassati. I due funzionari infatti, secondo quanto è emerso dalle intercettazioni dei carabinieri, si erano resi conto di essere sotto osservazione. «E’ andata bene – ha affermato uno dei due- meno male che non ho preso i soldi». Anche se il denaro non è stato effettivamente prelevato però, il reato di concussione rimane e da qui è partita la richiesta di arresto.
Nel mese di luglio un’indagine dei carabinieri, nata in seguito a una denuncia di un imprenditore a cui era stato chiesto denaro pena il sequestro del cantiere, ha portato all’arresto di un vigile.
Sempre nello stesso periodo gli agenti della Squadra mobile di Roma hanno notificato un provvedimento analogo a un ispettore della Asl. Aveva chiesto mille euro a due ristoratori della capitale e non multare presunte anomalie riscontrate durante un’ispezione nel loro locale.
Un’estate calda anche per il giudice del Tar del Lazio Franco Angelo Maria De Bernardi, finito in manette per corruzione in atti giudiziari. Secondo l’accusa il giudice era al vertice di una vera e propria organizzazione che favoriva i richiedenti nei ricorsi amministrativi in cambio di mazzette. I prezzi variavano a seconda del cliente: 50mila euro ad esempio per una banca e una cifra più modica, circa 10 mila euro per un fatto personale. Nella vicenda, sono stati iscritti nel libro degli indagati anche due ammiragli, uno della marina militare e l’altro dello stato maggiore della Difesa.
Purtroppo questi sono solo alcuni esempi e non rappresentano casi così isolati. Non sono pochi infatti i casi di concussione registrati nella capitale che spesso gettano ombra su chi, invece, svolge il proprio lavoro onestamente.
Cecilia Greco