Sono di nuovo nel mirino i vigili urbani del Comune di Roma. Difatti, 700 su 5.800 agenti della Polizia locale hanno presentato un certificato di “inabilità” al comando. Un’inidoneità che riguarda il lavoro sulle strade, ovvero la regolamentazione del traffico, i posti di blocco e il pattugliamento.
Il 12% del personale, dunque, sarà trasferito negli uffici e nei settori amministrativi, complicando in questo modo la difficile gestione della rete viaria della Capitale, sempre più carente di organico. La vicenda, però, non presenta irregolarità: la legge prevede la dichiarazione di inabilità e la conseguente variazione di funzione.
A confermarlo ci sono anche i sindacati: «L’età media del corpo della Polizia municipale è di 53 anni» sostiene Stefano Giannini del Sindacato unitario lavoratori polizia locale. «Per questo molti certificati sono richiesti per ernie del disco e malattie cardio-circolatorie. I controlli medici sono disposti dallo stesso Comune e solo attraverso il personale competente. Non c’è possibilità, quindi, né di eluderli e né di alterarli in alcun modo. Rispetto alla media nazionale, il numero è comunque contenuto». E poi aggiunge: «Il numero delle richieste, tuttavia, è destinato a crescere, perché senza un nuovo organico non ci sarà ricambio. Noi chiediamo sempre controlli maggiori, perché c’è sempre il rischio che qualcuno possa approfittarne».
Risale a non molto tempo fa, invece, la polemica che ha investito i caschi bianchi della città capitolina. Nella notte di Capodanno di tre anni fa, infatti, l’83,5% dei vigili urbani si giustificò e presentò certificati medici, autocongedandosi dal servizio per malattia. Da quell’episodio nacque un’inchiesta, che verificò la regolarità dei documenti e portò al rinvio a giudizio dei medici firmatari dei permessi. Inoltre, ad oggi, solo un agente è sotto processo con le accuse di falso e di violazione dell’articolo 55 della legge Brunetta: quella sera, per non lavorare, l’uomo decise di donare il sangue.