Sarà che il loro nome significa “Pietre rotolanti”, ma il concerto romano dei Rolling Stones nella storica location del Circo Massimo sembra non essere ancora finito, almeno per quanto riguarda le polemiche.
70mila sul prato. Di sicuro, i 70mila spettatori – divisi quasi equamente fra romani, italiani e provenienti dal resto d’Europa, più qualche superfan venuto da altri continenti – che si sono assiepati fin dalla mattina sul prato e sulle tribune del Circo Massimo, hanno potuto assistere ad un concerto di prim’ordine, che aveva in scaletta tutti i grandi classici della band britannica, dal pezzo d’apertura Jumpin’Jack Flash a Satisfaction. A discapito dell’età ormai avanzata, Mick Jagger ed i suoi tre compagni sono apparsi in gran forma e dopo una grande fiammata iniziale in omaggio al loro “On fire Tour 2014”, sono saliti sul palco e hanno parlato in italiano con il pubblico, dicendosi «contenti di essere di nuovo a Roma, in questo posto meraviglioso».
Data la ricorrente coincidenza dei loro tour con i mondiali di calcio, non poteva mancare neanche un tentativo di remake della “storica” profezia del 1982, quando Jagger indovinò esattamente il risultato (3-1) della finale Italia-Germania. Quest’anno, più modestamente, Italia-Uruguay vale appena il passaggio agli ottavi, ma sir Mick non ha cambiato idea sul nostro calcio, e ci vede ancora una volta vincenti, anche se soltanto per 2-1.
Organizzazione “alla romana”. Detto del concerto, il “dietro le quinte” è stato ancora una volta “alla romana”, soprattutto quanto più ci si allontanava dalla zona riservata agli spettatori muniti di biglietto, che sono stati fatti entrare a gruppi di trecento per evitare pericolose resse al sole cocente dell’estate mediterranea. Com’era prevedibile – tanto più in tempi di crisi economica – molte persone si sono accalcate ai bordi della “zona rossa” per poter sentire gratuitamente almeno qualche sprazzo del concerto e dire un giorno ai nipoti “io c’ero”.
Un po’ meno comprensibile, invece, il sostanziale via libera concesso ad ogni sorta di venditori ambulanti: dai soliti camion-bar, che hanno presidiato in forze tutte le strade di accesso, fino agli immancabili abusivi dotati di bacinella con ghiaccio, che hanno continuato indisturbati a vendere anche bevande alcoliche ben oltre le 22, con buona pace dell’ordinanza proibizionista voluta dal sindaco Ignazio Marino.
Quanto costa il Circo Massimo? Il primo cittadino si è invece difeso energicamente dall’accusa di aver noleggiato la storica arena ad un prezzo irrisorio: poco meno di ottomila euro incassati dal Comune per la concessione del suolo pubblico, anche se poi gli organizzatori del concerto hanno sostenuto tutte le spese vive: dai bagni chimici ai presidi sanitari, fino agli straordinari per l’Ama ed i vigili urbani, per un totale di circa 170mila euro.
«Le tariffe sono vecchie di anni – ha attaccato il sindaco di Roma – e lo scorso aprile la Giunta ha già varato un provvedimento per aumentarle di 2,5 volte, che però è tuttora in attesa di approvazione da parte dell’Assemblea capitolina. In ogni caso l’indotto positivo per la città di Roma [alberghi e ristorazione, NdR] è stato di 25 milioni di euro». Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’assessore a “Roma produttiva” Marta Leonori, soddisfatta per aver ottenuto una «grande promozione turistica», che avrebbe portato nella Città eterna un «turismo di qualità».
Roma vs. Londra e Parigi. In ogni caso, anche se l’aumento tariffario chiesto da Marino fosse già stato approvato, il costo del Circo Massimo sarebbe lievitato comunque ad appena 20mila euro. O forse no, dato che un altro punto da chiarire è perché la tassa sia stata richiesta per il solo giorno del concerto e non per tutti quelli (circa due settimane) effettivamente necessari per montare e poi smontare palco e tribune: su questo punto il consigliere comunale centrista Alessandro Onorato ha presentato un esposto alla Corte dei Conti ipotizzando un «danno erariale».
In ogni caso, Roma ha ancora molto da imparare su come sfruttare le proprie location più pregiate, che non possono essere valutate semplicemente “al metro quadrato”: l’Arena di Verona ha una tariffa fissa di 50mila euro, mentre per utilizzare piazza San Marco, a Venezia, occorre sborsarne il doppio. Addirittura 900mila euro sono necessari per lo Stade de France a Parigi, mentre la palma dei più organizzati spetta proprio alla patria degli Stones, quel Regno Unito dove esiste un’apposita agenzia governativa, The Royal Parks, per sfruttare al meglio gli otto grandi spazi verdi di Londra – il pratone di Hyde Park costa 300mila euro – e fare business a fini collettivi con i grandi eventi, che nel 2013 hanno fruttato (e quindi fatto risparmiare ai contribuenti britannici) quasi 20 milioni di euro.
Di Alessandro Testa