La città del peccato è tornata. A quasi 10 anni dall’uscita nelle sale di “Sin City”, il prossimo 2 ottobre arriverà in Italia il sequel, “Sin City 3D: Una donna per cui uccidere”. A presentarlo a Roma, presso il The Space Cinema: Moderno di Piazza della Repubblica, c’era l’eccezionale coppia che ha scritto e diretto entrambe le pellicole, Robert Rodriguez e Frank Miller.
Non solo la stampa ha assistito alla conferenza ma anche alcuni studenti dell’Area Cinema e New Media dello IED (a loro è anche riservato nel pomeriggio un workshop con i due cineasti) e cento fan del Romics, il festival internazionale del fumetto, dell’animazione e dei games. L’emozione di incontrare due grandi artisti, disponibili e alla mano come Rodriguez e Miller è stata tanta per tutti i presenti, in particolare per gli studenti che sperano di seguire le loro orme.
I due registi hanno rotto il ghiaccio spiegando quanto sia stato più semplice girare questo secondo film, tanto per la troupe e quanto per il cast. Nel 2005 “Sin City” era apparso un progetto molto particolare, incredibilmente diverso da qualsiasi tipo di cinema si fosse visto fino a quel momento, nella sua estrema vicinanza al fumetto originale scritto e disegnato da Miller. Oggi, però, sappiamo che quell’esperimento un po’ folle è riuscito nel migliore dei modi, tanto da diventare con gli anni un vero e proprio cult. Ecco perché questa volta tutti si sono fidati ciecamente di ciò che il visionario Rodriguez proponeva e, vuoi anche per il maggiore utilizzo che tecniche come quella del green screen hanno avuto nell’ultimo decennio, attori e tecnici si sono sentiti infinitamente più a loro agio sul set.
“All’inizio io ero il primo a non essere pratico di queste nuove tecniche e non volevo fidarmi” ha ammesso Frank Miller “Poi però ho imparato che Rodriguez riesce a fare qualsiasi cosa voglia”.
Il fumettista che ha dato vita a Elektra e inventato storie su storie con protagonisti supereroi, come Daredevil e Batman, si presenta ai suoi fan piegato da una qualche malattia. Arriva su una sedia a rotelle, è magrissimo, glabro, terribilmente invecchiato; eppure ha lo spirito di un ventenne e riesce a incantare tutti. Si accende quando parla dei suoi personaggi, come quello della femme fatale Eva, portata sul grande schermo da Eva Green, che definisce “terrificante, sexy e anche molto tragica” e decanta gli attori. Ritiene che il casting di questo film sia stato perfetto e difende gli interpreti che troppe volte sono definiti viziati ed esigenti, quando in realtà sono grandi lavoratori. Anche il collega Robert Rodriguez è d’accordo, ma in fondo quando non lo sono? I registi sono in perfetta sintonia, condividono la stessa opinione su tutto e arrivano ad ammettere di non ricordare quale decisione abbia preso uno e quale l’altro durante le riprese. È palpabile che tra loro non ci sia soltanto un ottimo rapporto di lavoro, ma anche un grande sentimento di reciproca stima e affetto. Miller definisce Rodriguez “il suo gemello separato alla nascita”, mentre il texano Robert rivela che sul set spesso finivano per completare l’uno la frase dell’altro. Non stupisce allora che all’epoca del primo “Sin City” Rodriguez abbia scelto di uscire dall’associazione Directors Guild quando questa gli chiese di togliere il nome di Frank Miller (che prima d’allora non aveva mai diretto) dai credits. Il cineasta ci tiene a sottolineare che i film non sarebbero mai esistiti senza i fumetti del collega, per questo ha ritenuto doveroso inserire il suo nome addirittura nel titolo (sulla locandina vedrete che il film è intitolato “Frank Miller’s Sin City 3D”), nonché fare tesoro della sua visione dei personaggi e delle scene. “Il mio non è un adattamento” ha spiegato Rodriguez “ma una vera e propria trasposizione del fumetto sul grande schermo”.
Frank Miller ci tiene a confermare le parole del collega: “Avevo scritto storie che consideravo impossibili da portare al cinema, ma Robert mi ha dimostrato che si poteva inventare un genere nuovo proprio per trasferire nelle sale ciò che io avevo disegnato e ideato sulla carta”. Non c’è che dire: il lavoro complessivo, fatto per i due film, è innovativo e pregevole tanto che ora, a detta dello stesso Frank Miller, sarebbe impossibile tornare a disegnare i fumetti senza pensare ai corrispettivi film.
“Sin City: Una donna per cui uccidere” è tutto ciò che un fan della prima pellicola poteva sperare di vedere dopo un decennio. Lo stesso stile, la stessa maniacale precisione con cui vengono scelte le inquadrature, lo stesso cuore, la stessa anima. I personaggi sono addirittura migliori, scritti eccellentemente, portati in scena in maniera impeccabile. Impossibile non perdersi nel bianco e nero delle scene, nella violenza e nel discutibile senso di giustizia della città del peccato, in cui tutto è contaminato e niente si salva.
Corinna Spirito