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HomeCronaca Rinella: “Il modello francese in passato è piaciuto anche al centrosinistra”

"Il modello francese
in passato è piaciuto
anche al centrosinistra"

Angelo Rinella a Lumsanews spiega

come funziona il semipresidenzialismo

di Gabriele Crispo26 Ottobre 2021
26 Ottobre 2021

Angelo Rinella è un esperto e docente di Diritto costituzionale e Diritto costituzionale comparato all’Università Lumsa di Roma.

In cosa consiste il semipresidenzialismo?

“Il modello teorico di questa forma di governo presenta due componenti importanti: un presidente della Repubblica eletto a suffragio universale e un governo che ha la fiducia del Parlamento. Due elementi che disgiunti chiamerebbero, il primo, la forma di governo presidenziale; il secondo, la forma di governo parlamentare. Il modello esemplare di semipresidenzialismo, che ha anche coniato la forma di governo, è quello francese della Quinta Repubblica, a cui si è arrivati non con la Costituzione del 1958, ma quattro anni dopo, quando il generale Charles de Gaulle ottenne l’elezione diretta del Capo dello Stato. Da quel momento è nato il modello bicefalo a due teste a capo dell’esecutivo”.

Ci sono altri Paesi in cui esiste la forma di governo semipresidenziale?

“Parliamo di semipresidenzialismo debole o di facciata, in Austria e Finlandia. In Austria, ad esempio, ricordiamo il nome del Cancelliere, ma non quello del presidente della Repubblica, questo indica che il presidente, anche se eletto a suffragio universale, non è attrezzato con poteri di governo di rilievo”.

Possiamo importare il modello francese in Italia?

“Se vogliamo importare il semipresidenzialismo dobbiamo guardare al modello francese e quindi, a un presidente a cui la Costituzione consegna importanti poteri. Per introdurre questa forma di governo, non sarebbe sufficiente solo l’elezione a suffragio universale, bisognerebbe anche ampliare i poteri e le prerogative proprie del Capo dello Stato. In Francia il presidente ha molti poteri, tra questi: quello di indire referendum, su proposta dell’esecutivo o su proposta  congiunta delle due assemblee e l’iniziativa sulla revisione della Costituzione su proposta del primo ministro, anche prima della sua scadenza naturale”.

Che tipo di riforma elettorale va introdotta?

“Partendo dal presupposto che non esiste una risposta costituzionalmente corretta, in un sistema dove è prevista l’elezione diretta del Capo dello Stato, il sistema elettorale che funziona meglio è quello che si ispira al principio maggioritario, anziché proporzionale. In Francia i partiti si raggruppano in rassemblement e sostengono, questo o quel presidente. Un elemento critico importante è quello delle maggioranze disgiunte e quindi della coabitazione o cohabitation, ossia la situazione in cui la maggioranza dell’Assemblea nazionale e quella con cui il Capo dello Stato in carica è stato eletto, appartengono a schieramenti opposti. Il presidente della Repubblica in questo caso si trova ad avere poteri forti con un Parlamento contrario. Quando questo accade, per convenzione, il Capo dello Stato rinuncia ai poteri in politica interna, affidati in questo caso al Primo ministro, e limita la sua azione solo alla politica estera”. 

Il semipresidenzialismo è un tema caro alla destra? 

“Dire che è un tema caro alla destra è forse improprio, anche perché il centrodestra ne ha più volte parlato solo con riferimento all’elezione diretta del Capo dello Stato e quindi per assicurare un governo più stabile. A parte il richiamo periodico della destra a questa ipotesi, i lavori della Bicamerale del 1997, presieduta da D’Alema, avevano indicato come possibile l’ipotesi di una modifica della forma di governo in senso semipresidenziale”. 

La riduzione del numero dei parlamentari imporrà alla politica delle riforme, se sì quali?

“Credo di sì. Sicuramente ci dovrebbe essere una modifica dei regolamenti parlamentari e dei quorum precedenti alla riforma”. 

 

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