HomeCronaca Il Dinnergate colpisce ancora: dopo Marino, indagini sulle spese di Matteo Renzi. A inguaiarlo il titolare del ristorante preferito dal premier quando era sindaco e presidente della Provincia

Il Dinnergate colpisce ancora: dopo Marino, indagini sulle spese di Matteo Renzi. A inguaiarlo il titolare del ristorante preferito dal premier quando era sindaco e presidente della Provincia

di Nino Fazio13 Ottobre 2015
13 Ottobre 2015

Il Dinnergate colpisce ancora: dopo Marino, indagini sulle spese di Matteo Renzi. A inguaiarlo il titolare del ristorante preferito dal premier quando era sindaco e presidente della Provincia

Nei giorni in cui la Guardia di Finanza mette le mani sui documenti relativi alle tanto contestate cene del dimissionario sindaco Marino, anche quelle di Matteo Renzi diventano un caso. Come a dire, chi di scontrino ferisce… A mettere nei guai il premier, i ricordi a cuore aperto che Lino Amantini, suo ristoratore di fiducia ai tempi in cui era presidente della Provincia e poi sindaco di Firenze, ha consegnato in esclusiva al Fatto Quotidiano: “Non era mai solo. Sa quante tavolate, feste, pranzi e cene di lavoro qui dentro? Un’infinità”. Immagini nostalgiche, gli occhi luccicanti e il tono benevolo di chi, per quel ragazzo che si è fatto in pochi anni, prova affetto sincero. Dulcis in fundo, la bomba: “E poi si mandava la fattura direttamente al municipio”. Un fulmine a ciel sereno scagliato dall’anziano ristoratore, che pure – come rivela il giornalista – ha ben presente il motivo di quelle domande: “Marino vero?”

Proprio lui. Costretto alle dimissioni proprio dal premier per 20mila euro di rimborsi di “spese istituzionali” ma non troppo, sarà impallidito nel leggere la cifra che il segretario del Partito Democratico si è fatto rimborsare. Seicentomila euro in soli pasti nei quattro anni alla Provincia. Nel menu, anche aragoste e sushi. Trattarsi bene, però, non costituisce reato, purché di cene istituzionali si tratti. E qui la memoria di Lino inguaia ancor di più il presidente del Consiglio: “Matteo era sempre qui e portava la qualunque. Amici, familiari. Ricordo benissimo che tre giorni prima di avere l’ultimo figlio venne con l’Agnese qui, aveva il pancione”.

Tanto è bastato alla Corte dei conti della Toscana – che aveva già acquisito parte della documentazione relativa alle spese di rappresentanza – per aprire un fascicolo sull’intera gestione amministrativa. Puntuale, da Palazzo Chigi arriva la smentita: “Le spese di rappresentanza sostenute quando Renzi era presidente della Provincia e sindaco non solo sono documentate al dettaglio ma sono già analizzate da diversi livelli di controllo”. Come a dire, nulla di nuovo sotto il sole, aria fritta. La nota rivendica anche come le amministrazioni guidate da Renzi “siano state tra le prime in Italia a mettere on line queste informazioni”. Sul sito del Comune, però, solo voci sintetiche e relativi importi: degli scontrini e del numero di commensali nemmeno l’ombra. Un dettaglio non da poco, considerando che Marino è stato incastrato proprio dalla sua “operazione trasparenza”, una lista circostanziata di ospiti “istituzionali”, che però hanno smentito le circostanze. Metti una sera a cena, Marino, un “rappresentante” dalla memoria corta e un ristoratore che, di memoria, invece ne ha anche troppa: la frittata è presto fatta. Anzi no, altro che frittata… Una polpetta avvelenata, che – dopo aver fatto fuori il sindaco di Roma – qualche mal di pancia al presidente del Consiglio rischia di causarlo.

Nino Fazio

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