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Riforma del Senato, il premier litiga con Grasso ma recupera la minoranza dem

di Alessandro Testa22 Settembre 2015
22 Settembre 2015
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Il presidente del Senato, Pietro Grasso, e il premier Matteo Renzi

Renzi ottiene il via libera dalla direzione del Pd sulle riforme costituzionali – all’unanimità, ma la minoranza non ha votato – ed è vicino all’intesa con la minoranza interna, ma scoppia una nuova polemica tra il premier e il presidente del Senato Pietro Grasso sulla possibilità di emendare tutto l’articolo 2 del disegno di legge Boschi oppure l’unico comma approvato finora in due versioni diverse.

Il premier “convoca” le Camere. A Grasso non è piaciuto il passaggio della relazione in cui Renzi auspicava una convocazione straordinaria delle Camere in caso di accettazione di emendamenti sull’intero articolo. «Sarebbe un fatto inedito», aveva affermato il premier, a che Grasso ha invitato a moderare i toni, ricordando che durante i suoi tanti anni in magistratura «neppure la mafia» è mai riuscita a fermarlo. Dopo la polemica, lo stesso presidente del Consiglio ha smentito di aver voluto minacciare la seconda carica dello Stato, precisando che avrebbe semplicemente riunito i gruppi parlamentari del Pd. In ogni caso, il termine per la presentazione degli emendamenti scade oggi, perciò il presidente del Senato comunicherà nella giornata di domani l’elenco di quelli ammessi.

Il “lodo Tatarella”. In merito ai contenuti, la base dell’accordo interno al Pd potrebbe essere il modello applicato per le elezioni regionali del 1995 e ideato allora da Giuseppe Tatarella. La soluzione escogitata per accontentare le richieste della minoranza dem senza toccare il testo dell’articolo 2 – che comporterebbe un inevitabile allungamento dei tempi, con il rischio di doversi interrompere il 15 ottobre per l’inizio della sessione di bilancio – potrebbe essere quella di far “indicare” i futuri senatori dai cittadini in occasione delle singole elezioni regionali, ma lasciare poi ai neoeletti Consigli il compito di ratificare formalmente il loro status. Da Modena, dove ha visitato la festa dell’Unità invece di partecipare alla direzione, Pier Luigi Bersani si è detto favorevole, mentre il suo fedelissimo Miguel Gotor è disponibile ma prende tempo: «Aspettiamo di leggere il testo dell’emendamento», ha detto. Alla fine – giurano i renziani di stretta osservanza – i senatori democratici che voteranno contro non saranno più di cinque.

Alessandro Testa

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