Più fiction e film italiani in tv. E’ quanto si propone la riforma del cinema, avviata con la legge 220 dello scorso anno e completata con l’approvazione di tre decreti legislativi che danno attuazione alle deleghe contenute nella norma e che riguardano le quote di programmazione e investimenti delle tv da destinare a film e fiction di produzione europea, le nuove regole sulla censura delle pellicole e i profili professionali di chi lavora sul set. Per il ministro della Cultura Dario Franceschini si tratta di “un provvedimento concreto che serve ad aiutare, tutelare e valorizzare il cinema, la fiction e la creatività italiana”.
In base a questa riforma, a partire dal 2019, almeno il 55% degli sceneggiati televisivi dovrà essere prodotto da case europee. Questa percentuale salirà al 60% dal 2020 (al netto dei tempi di trasmissione dedicati a telegiornali, sport, quiz, televendite e pubblicità). Di queste, la Rai dovrà mandarne in onda almeno la metà “made in Italy”, mentre l’obbligo per le altre emittenti è fissato a un terzo.
Per evitare che il provvedimento venga aggirato, è stato fissato un minutaggio minimo di produzioni italiane per il prime time (fascia oraria 18-23) e un tetto di quote minime da investire su lavori italiani. Per la Rai, questa quota dovrà corrispondere al 20% dei propri introiti netti, con il 5% da destinare al made in Italy. Per le altre Tv scenderà invece al 15% (con il 4,5% per le pellicole italiane). Sarà l’Agcom a verificare il rispetto degli obblighi e a comminare le sanzioni, aumentate fino a cinque milioni di euro o al due per cento del fatturato.
Sulla censura si passerà invece a un sistema di autoregolamentazione. Sarà il produttore a indicare l’eventuale divieto, che poi passerà al vaglio di una commissione dei Beni Culturali. Viene infine introdotto il “bollino” sulle visioni per i minori di sei anni.