La riforma costituzionale «sarà in aula alla Camera entro il 2014 e non ci limiteremo semplicemente a ratificare il testo uscito dal Senato, ma cercheremo di migliorarlo». Lo ha annunciato il presidente della Prima commissione della Camera Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) durante un convegno all’Istituto Sturzo. Svaniscono così le speranze del governo Renzi di vedere approvata la riforma in seconda lettura entro la fine dell’anno e, una volta completati i quattro passaggi richiesti dalla Costituzione, di sottoporla poi a referendum confermativo entro il 2015.
Cinquanta audizioni. Il ritardo rispetto alle aspettative della stessa presidente Laura Boldrini è dovuto alle oltre cinquanta audizioni di giuristi ed altri esperti decise dalla commissione presieduta da Sisto, che durante il dibattito ha ripetuto più volte l’appello alla «cautela» e ha sottolineato il suo stretto collegamento con la riforma della legge elettorale e dei regolamenti parlamentari. D’accordo con il calendario tracciato da Sisto anche il relatore di maggioranza Emanuele Fiano (Pd), che però preferirebbe approvare subito la riforma del regolamento della Camera proprio per prevenire eventuali manovre ostruzionistiche da parte delle opposizioni, anche sulla riforma della Costituzione.
Quale ruolo per il Senato? Al convegno erano presenti anche l’ex presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo e i docenti universitari Marco Olivetti e Giovanni Tarli Barbieri, che hanno evidenziato alcune criticità tecniche e politiche sul futuro equilibrio dei poteri tra organi costituzionali: in particolare sul ruolo del Senato, la cui capacità di influire sull’azione legislativa e sulla stessa elezione del Presidente della Repubblica sarà molto diminuita, oltre che sulla ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. Contestata dai giuristi la permanenza, in una futura seconda camera “delle autonomie”, di istituti come i senatori di nomina presidenziale (che si potrebbero spostare a Montecitorio), e del potere di eleggere due giudici della Corte Costituzionale. Durissimo sui futuri senatori eletti “in secondo grado” il presidente Sisto, secondo cui i Consigli regionali li sceglieranno «tra i consiglieri semplici, quelli che non otterranno gli assessorati». Intervistato al termine del convegno da Lumsanews, il co-relatore Fiano si è detto invece convinto che le cose andranno diversamente e che ogni Consiglio regionale svilupperà un modo autonomo di eleggere la propria rappresentanza nel Parlamento nazionale.
Alessandro Testa