Al termine di una giornata molto tesa, all’indomani della cocente sconfitta elettorale, il segretario del Pd Matteo Renzi annuncia dimissioni soltanto a metà. “Lascerò dopo la formazione del nuovo governo”, spiega arrivando nella sede del Nazareno dove lo aspettano giornalisti italiani e stranieri, con un’ora e mezzo di ritardo sull’orario annunciato, E subito pianta i paletti della linea con cui intende gestire questa fase: “Saremo all’opposizione, il Pd non sarà mai il partito-stampella di un governo di forze anti-sistema”. Un calcio sugli stinchi alla minoranza dem, che nel pomeriggio, quando la resa incondizionata di Renzi sembrava solo legata all’ora dell’annuncio pubblico, aveva lasciata intendere di non chiudere all’ipotesi di un’alleanza con Di Maio.
Dopo le parole del segretario Pd nel partito scoppia una sorta di rivolta. Andrea Orlando, ministro della giustizia e leader della minoranza non usa mezzi termini: “Mi sarei aspettato una piena assunzione di responsabilità da parte di un segretario che, eletto con il 70% al congresso, ha potuto definire, in modo pressochè solitario, la linea politica, gli organigrammi e le candidature. Invece siamo alla ormai consueta elencazione di alibi e all’individuazione di responsabilità esterne”. Gli fa eco il capogruppo uscente dei senatori Luigi Zanda sostenendo che “La decisione di Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile”,
Ancora una volta dunque Renzi spiazza sostenitori e antagonisti che davano ormai per scontate le sue dimissioni immediate. Ma mentre l’ipotesi prendeva forma nel partito e tra i mezzi d’informazione, il segretario era impegnato in frenetiche consultazioni con i suoi fedelissimi. Fino a maturare l’idea di gestire la fase delle consultazioni per il nuovo governo, che impegnerà in ogni caso il prossimo segretario dem a gestire una linea politica decisa dal segretario uscente.
In serata per calmare gli animi è intervenuto il coordinatore del partito Lorenzo Guerini: “Nessuna dilazione, le dimissioni di Renzi sono verissime. Lo ha detto chiaramente in conferenza stampa: il Pd è all’opposizione, in coerenza con quanto detto in campagna elettorale”. Subito dopo arrivava la precisazione del presidente Matteo Orfini: “Alla luce delle dimissioni del segretario, ho convocato la direzione per lunedì alle 15. E dopo la direzione fisserò la data di convocazione dell’assemblea nazionale che, come previsto da statuto, dovrà recepire le dimissioni e avviare gli adempimenti conseguenti”.