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Renzi a piazza del Popolo: “Giù le mani da Berlinguer”

di Samantha De Martin23 Maggio 2014
23 Maggio 2014

renzi

È arrivato con quasi un’ora di ritardo Matteo Renzi, al suo penultimo appuntamento elettorale prima del grande silenzio che calerà sugli schermi e nelle piazze alla vigilia del gran voto, in una piazza del Popolo inizialmente pigra a riempirsi e, tappezzata di striscioni e bandiere del Pd.

Sulle note di “Centro di gravità permanente” canticchiata dietro al palco dai numerosi militanti del Pd, tra un selfie con Debora Serracchiani e una foto con il candidato alle europee David Sassoli, il premier è salito sul palco salutando la piazza ma soprattutto invitando i compagni di partito a “sorridere a chi, dotato di scarsa fantasia, viene in piazza a provocare”. Poco prima dell’inizio della manifestazione, infatti, una cinquantina di attivisti dei movimenti di lotta per la casa ed esponenti dei centri sociali sono stati fermati dalle forze dell’ordine mentre tentavano di srotolare uno striscione provocando una rissa con alcuni elettori del Pd. Un pugnale è stato trovato poco dopo a terra, davanti al palco.

Un futuro che parte da Roma. “Tutto è partito da Roma, in cui i padri fondatori decisero di creare un’Europa di pace” ha detto Renzi all’inizio del suo intervento, ricordando gli uomini e le donne che nel 1957 ebbero la passione di costruire l’Europa partendo dal Carbone e dall’Acciaio.

“Giù le mani da Berlinguer”. Condannando chi fa dell’insulto il baluardo della politica urlando alla “peste rossa”, inneggiando alla “lupara bianca”, Renzi ha infiammato i suoi elettori quando, riferendosi a Beppe Grillo che ieri ha evocato Enrico Berlinguer proclamando il M5s il suo unico erede, ha intimato energicamente di lasciar stare Berlinguer, invitando il guru del Movimento 5 Stelle a “sciacquarsi la bocca”. Il fanatismo non può appropriarsi di una storia che è quella del rigore morale, della tradizione operaia, ma soprattutto – ha tuonato il premier -“non si mette nella stessa frase ‘io sono Hitler’ ed Enrico Berlinguer”. Applausi e cori inneggianti a “Matteo” lo interrompono più volte.

“L’Europa è il nostro sogno”. Poi l’appello rivolto ai romani. “Andare in Europa significa andare alla Garbatella, a Tor Bella Monaca”, valorizzando le periferie per consentire a quell’Europa di continuare ad identificarsi “con il “nostro sogno che porta le generazioni a guardare al domani” e non più con “i nostri incubi” ha ribadito Renzi.

“Il lavoro è dignità”. “Noi siamo quelli che salviamo i bambini, è nostro dovere è sottrarli ai mercanti di morte” ha proseguito poi il premier riferendosi alle tragedie dell’immigrazione, mentre, parlando di lavoro, che è “dignità, speranza, diritto di una persona, dovere di un paese” ha sottolineato come gli 80 euro “non sono un’elemosina per chi conosce il significato di un mutuo da pagare”, puntualizzando la convinzione di presentarsi “davanti agli elettori con la faccia di chi in 80 giorni ha portato avanti un decreto del lavoro che ha permesso di salvare il posto ai lavoratori dell’Electrolux”.

“Nessuno pensi di darci lezioni di legalità”. Ha snocciolato tutti i suoi punti cardine, Renzi, tra i militanti che continuavano a sventolare le bandiere mentre il tramonto spennellava le sue tinte mescolandole all’entusiasmo di una piazza gremita e convinta.

Ha parlato, infine, di legalità, Renzi, quando ha intimato ai suoi “Nessuno pensi di poterci dare lezioni sulla legalità”, ricordando Raffaele Cantone alla guida dell’authority anticorruzione ed il voto del Pd a favore dell’arresto del suo deputato Francantonio Genovese perché “la legge è uguale per tutti”.

Poi il gran finale che vuole essere una certezza o un auspicio ai suoi: “Prendiamo i voti degli scontenti di destra”. E l’esordio in romanesco: “J’a famo”.

Samantha De Martin

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