È un’assenza che fa rumore, quella di Matteo Renzi al convegno di Fare il Pd, il documento presentato dai bersaniani in vista del congresso del partito del prossimo ottobre. E se per Massimo D’Alema il sindaco di Firenze gioca a fare la vittima, secondo l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani “bisogna smetterla di perdersi in chiacchiericcio con il rischio di farsi compatire”. In serata replica dello stesso Renzi al Tg5: “Non credo di dover chiedere il permesso a D’Alema per candidarmi alla segreteria del partito”.
Le correnti del partito. All’incontro erano presenti i leader di tutte le correnti: Pierluigi Bersani, Guglielmo Epifani, Massimo D’Alema, Beppe Fioroni, Gianni Cuperlo e i lettiani Marco Meloni e Alessia Mosca. E poi gli esponenti istituzionali del partito: il ministro dei Rapporti con il parlamento Dario Franceschini, dello Sviluppo economico Flavio Zanonato e dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. Assente invece Walter Veltroni.
Perplessità sull’importanza della riunione. D’Alema è contrario ad un discorso di gruppi interni al Pd: “Non nasce nessun correntone – dice, prima di andare via – questa è un’idiozia che non so chi abbia scritto”. Renzi invece è convinto che il dibattito andrebbe riportato sul piano del progetto poltico: “C’è un’Italia che vuole sapere che cosa vuol fare il Pd, io vorrei che il Partito democratico non fosse fatto di correnti ma di idee, basta con le correnti”.
Franceschini è ancora più preoccupato, temendo addirittura una possibile scissione: “In questi mesi siamo passati a riconoscerci non più come ex Margherita ed ex Ds – attacca – Siamo passati a riconoscerci addirittura come comunisti e democristiani”.
Candidato premier. Non sembra comunque in discussione il sostegno all’esecutivo. Renzi ne è convinto: “Da italiano faccio il tifo per Enrico, se il Presidente del consiglio fa bene l’Italia sta meglio. Io non sono uno di quelli che gioca al mors tua vita mea”. Il timore è che un segretario forte possa minare la stabilità del governo di servizio, proponendo nuove elezioni. E per sgomberare il campo da questa ipotesi è D’Alema a mettere le cose in chiaro, tenendo distinti i ruoli di segretario e candidato alle elezioni: “Il candidato premier del centro sinistra sarà scelto dalle primarie quando ci saranno le elezioni”.
Il renziano distratto. All’assemblea non era assente solo Renzi, ma tutti i cosiddetti “renziani”. Tranne uno, che però era in sala solo per sbaglio. Giacomo D’Arrigo, coordinatore dei giovani Anci, si giustifica: “Avevo lasciato la borsa al piano di sotto, poi ho visto tutta questa gente che saliva e mi sono accodato per curiosità: ma cosa c’è qui?”. Ma D’Arrigo ha lasciato subito l’assemblea, come ha voluto puntualizzare al cronista de La Repubblica: “Sei testimone, sto andando via”.
Domenico Mussolino