È la lavagna della biblioteca di palazzo Chigi, con tanto di gessetti colorati, l’ultima protagonista del brillante storytelling del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, impegnato nell’apologia della tanto contestata riforma de “La Buona Scuola” che ha scatenato polemiche e dissensi tra studenti, insegnanti, genitori e sindacati. Questa volta il premier ha scelto come canovaccio uno strumento caro all’immaginario collettivo per snocciolare i tratti salienti della sua riforma. «Sono proprio contento del fatto che finalmente la scuola è al centro della discussione» ha esordito Renzi confessando di non apprezzare i boicottaggi di quanti hanno impedito ai ragazzi di partecipare alle prove Invalsi, e la minaccia del blocco degli scrutini. I test Invalsi – le prove ministeriali per valutare le competenze degli alunni, e quindi per individuare le criticità del sistema formativo – erano arrivati martedì mattina nelle seconde classi delle scuole superiori, ma avevano trovato subito il disaccordo dei ragazzi che hanno promosso azioni di boicottaggio e mobilitazione. Con lo slogan «non siamo solo crocette» gli studenti sono stati protagonisti di un flash mob notturno davanti al Miur, convinti del fatto che «le prove Invalsi non servono a valutare l’efficacia educativa della scuola pubblica sui ragazzi».
Il video messaggio del premier giunge, pertanto, come risposta non soltanto alle proteste degli studenti, ma anche allo sciopero degli insegnanti, al dissenso dei sindacati, a una minoranza del Pd sempre più impantanata in una cronica ostentazione di “no”. Un messaggio, quello di Renzi, per spiegare riforma e obiettivi, dall’autonomia all’urgenza dell’alternanza scuola-lavoro – già in vigore in Germania, Svizzera, Austria, Alto Adige – «perché in questi anni c’è stato un crollo totale degli occupati e un aumento della disoccupazione giovanile impressionante, un dato tra i peggiori in Ue».
«Diamo più soldi agli insegnanti e non meno e non solo perché da lì dipende l’autorevolezza sociale ma perché è un fatto di giustizia» ha ribadito il premier spiegando il senso dei 500 euro annuali ad ogni docente.
Un passaggio saliente della lezione alla lavagna del premier riguarda la cultura umanistica (o “umanista” come scrive Renzi scatenando l’ironia del web) che richiede di investire su materie messe in secondo piano, restituendo ossigeno alla storia, all’arte, alla musica, alle lingue. L’obiettivo è quello di attuare «un investimento più forte non solo sugli skills, sui curricula ma sull’esigenza di educare un cittadino».
Difendendo, a colpi di gessetti, il disegno di legge sulla “Buona Scuola” – che resta al momento in cartella in attesa di essere approvato entro il 20 maggio, ma che potrebbe tornare a far parlare di sé per il passaggio al Senato, probabilmente a giugno – Renzi annuncia lo stanziamento di 4 miliardi da destinare all’edilizia scolastica.
Parla anche di continuità, il premier, annunciando che ci saranno più di centomila assunti che «sono solo una parte dei precari, ma sono quelli delle graduatorie ad esaurimento, che hanno un titolo per insegnare, hanno vinto un concorso». Il professor Renzi, maniche di camicia, cravatta, telecamera di fronte, lavagna alle spalle, smentisce anche la presenza di “presidi rambo” nella “Buona Scuola”: «non è vero che il preside assume l’amico dell’amico e lo licenzia dopo 36 mesi, sono assolute falsità».
Accanto al video lo strale della difesa della “Buona Scuola” è la lettera inviata dal presidente del Consiglio agli insegnanti. «Una mail per arrivare a ciascuno di voi e rendere ragione della nostra speranza: vogliamo restituire centralità all’educazione e prestigio sociale all’educatore. In una parola, vogliamo cambiare rispetto a quanto avvenuto fino ad oggi». Ma il presidente del Consiglio è anche pronto a fare delle “concessioni”, come ribadisce chiaramente a conclusione del suo video messaggio. Dal canto loro i sindacati della scuola non sembrano soddisfatti dell’esito dell’incontro avuto martedì con i ministri Boschi e Giannini e minacciano nuove iniziative di mobilitazione.
Samantha De Martin