Quel che è certo, a sentire lui, è che Renzi non farà il premier, almeno per il momento. Intervenuto ieri alla trasmissione Ballarò, il sindaco di Firenze, Partito Democratico, si tira fuori dal toto nomi sul prossimo Presidente del Consiglio dopo l’esito incerto consegnato dalle urne. «Io farò qualcosa quando vincerò – dice riferendosi alle primarie – uscito dalla porta non rientro dalla finestra». La sconfitta brucia ancora ma adesso è tempo di guardare avanti cercando di non ripetere gli errori fatti come quello di “sedersi” dopo le primarie. È stato anche per questo che il Pd ha perso per strada il 25% dei voti che sono andati verso il MoVimento 5 Stelle e Rivoluzione Civile di Ingroia. E sui leader dei due partiti Renzi non si trattiene: non condivide la linea del Pd di rincorrere Grillo cercando un’alleanza, per battere il M5S bisogna sfidarlo: «L’idea della rivoluzione digitale di cui parla Beppe Grillo, non me la faccio raccontare da lui», e ricorda i cambiamenti apportati nella sua Firenze e le idee di riforma presentate durante le primarie, a dimostrazione che non c’è bisogno di Grillo per cambiare le cose. Poi su Ingroia i commenti più duri: «Ha fatto una campagna elettorale rovinando l’immagine dei magistrati, oggi torna a fare il magistrato, è riuscito nell’operazione “meravigliosa” di portar via dei voti decisivi in alcune regioni e ha condannato la sinistra a perdere». E alla domanda su un governissimo Pd-Pdl risponde: «In un paese normale non sarebbe uno scandalo, in Italia non si farà».
Il successore al Governo. Intanto, ieri pomeriggio, Renzi ha incontrato il premier uscente, Mario Monti, a palazzo Chigi, un incontro istituzionale in cui non ci sono state strategie né si è parlato di alleanze. Nei prossimi giorni Monti incontrerà anche i leader degli altri partiti e ci sarà anche Grillo.
Certo è che presto bisognerà prendere una decisione: votare la fiducia a un governo o tornare alle urne. Il Movimento 5 Stelle, per bocca di Grillo, continua a dichiararsi contro ogni fiducia a qualsiasi governo mentre il Pdl si dice possibilista a un accordo col Pd. Linea non condivisa da Bersani che oggi alla direzione nazionale del Partito Democratico presenterà i suoi otto punti di programma e le sue idee sulla squadra di governo se il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano dovesse affidargli l’incarico. Intanto arrivano i consigli di Nichi Vendola, Sel, che consiglia a Bersani di presentare un «programma che parli al Paese e con una squadra di governo che possa stupire».
Soluzioni alternative. Se però Bersani non riuscisse a convincere le tre aree del nuovo Parlamento (centrosinistra, centrodestra e 5 Stelle), non è così scontato il ritorno alle urne. Un’altra possibilità, per tranquillizzare i Mercati e l’Europa sarebbe quella di affidare nuovamente l’incarico a un tecnico che avrebbe il compito di fare le riforme più necessarie, come la legge elettorale, e poi tornare a votare tra sei mesi o un anno. Nei giorni scorsi era stato fatto il nome di Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico del Governo Monti, che inizialmente aveva ottenuto anche il benestare di Grillo; in alternativa si era pensato al ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, o al Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Quest’ultimo nome è stato fatto perché nei prossimi mesi si dovrà rimediare a un buco di bilancio di 14 miliardi di euro per evitare una nuova maximanovra.
Certo è che bisogna far presto: il settennato di Napolitano finirà il prossimo 15 maggio e c’è la possibilità che il Parlamento debba votare il nuovo Capo dello Stato senza ancora aver dato la fiducia al nuovo Governo.
Domenico Cavazzino