HomePolitica Quelle “povere” regioni italiane: ecco tutti gli sprechi e tutti i risparmi possibili per salvare i servizi. L’inchiesta in Piemonte e i tagli di Zingaretti

Quelle “povere” regioni italiane: ecco tutti gli sprechi e tutti i risparmi possibili per salvare i servizi. L’inchiesta in Piemonte e i tagli di Zingaretti

di Mario Di Ciommo21 Ottobre 2014
21 Ottobre 2014

zingaretti chiampaTagliare il grasso in eccesso per alleggerire il peso delle tasse, tagliare il grasso in eccesso per tornare a spendere, tagliare il grasso in eccesso per ricominciare a crescere. È questo il diktat del governo, che ha individuato le sacche di inefficienza e spreco all’interno dell’amministrazione delle Regioni. Tanto più attuale in questi giorni l’inchiesta sui “rimborsi facili” ai consiglieri regionali del Piemonte della passata legislatura con il gip Roberto Ruscello che ha ordinato l’”imputazione coatta” per dieci dei politici indagati per peculato fra cui spiccano due attuali assessori della giunta guidata da Sergio Chiamparino (nella foto con Zingaretti), Monica Cerutti e il vicepresidente Aldo Reschigna.

«I governatori facciano un patto d’onore con i propri cittadini – ha tuonato Renzi – taglino il primo posto letto solo dopo aver ridotto dieci poltrone nelle cento e cento società partecipate dalle Regioni, in particolare quelle che con la missione istituzionale non c’entrano niente, o dopo aver riorganizzato il sistema sanitario in maniera più efficiente e meno sprecona rispetto a quanto avvenuto finora. Smettendo di gridare all’”inevitabile” taglio dei servizi, come hanno fatto un po’ tutti» queste le parole del premier rivolte a chi, evidentemente, ha “qualcosa da farsi perdonare”.

Sì, perché in quanto a spese le Regioni italiane non sono seconde a nessuno. Basta analizzare i dati per comprendere come le rimostranze mosse dai governatori siano, in molti casi, davvero fuori luogo. Stando alle analisi della Cgia di Mestre negli ultimi dieci anni i soldi spesi dalle Regioni sono aumentati in maniera esponenziale arrivando ad un’impennata di 89 miliardi. Di rimando però la qualità e l’offerta dei servizi sono rimaste pressoché invariate anzi, in alcuni casi sono peggiorate. Certo, da considerare ci sono vari parametri ma a fronte di un aumento dell’inflazione, nello stesso periodo, del 23% e di una crescita dei costi dovuti al federalismo ed al conseguente trasferimento di oneri dalle casse dello Stato a quello delle Regioni i conti non tornano in ogni caso. La spesa della Regioni è infatti aumentata ma, allo stesso tempo, è aumentata (quando invece sarebbe dovuta diminuire) anche quella dello Stato. Le magie dell’economia italiana.

Per questo i tagli di 2-300 milioni di euro che il governo chiede alle Regioni hanno più l’aspetto di un piccolo rimborso a fronte di anni e anni di vacche grasse. Gli esempi in questo senso si sprecano: dai miliardi gettati al vento dall’Emilia-Romagna per l’ospedale ferrarese di Cona al mega buco di 300 milioni alla Asl di Massa, dalle ruberie varie in Lombardia e Lazio sino agli ultimi scandali legati alla Regione Piemonte. Di “malefatte” da farsi perdonare ce ne sarebbero a iosa, da Nord a Sud, indistintamente. In dieci anni le spese delle regioni si sono letteralmente impennate. Al primo posto l’Umbria, con un aumento del 148% seguita a ruota da Emilia Romagna e Basilicata con rispettivi aumenti del 145% e del 120%. A pagare, naturalmente, i contribuenti italiani, con un aumento delle imposte locali, dal 1997 a oggi (dati Cgia Mestre) del 204%!

Eppure di grasso in eccesso ce ne sarebbe tanto per ridurre la pressione sui contribuenti. Il punto fermo è la sanità, che assorbe in media il 75% delle risorse a disposizione delle Regioni. Qualche taglio alle inefficienze può essere applicato anche in questo ambito ma la vera sforbiciata andrebbe fatta sul restante 25%. Si pensi che la Basilicata, regione da poco più di 600mila abitanti, detiene il record per le spese correnti, 619 euro a cittadino (dati Istat 2012-2013), ed un livello altissimo di spese di funzionamento (acquisto di beni e servizi) pari a 135 euro a cittadino. Non da meno la Regione Lazio, che per il proprio ‘funzionamento’ spende 192 euro a cittadino. In questa speciale classifica a primeggiare è anche il piccolo Molise, che diventa grande quando si tratta di spese per il personale, che costa ad ogni singolo cittadino 174 euro e quando si tratta di organi istituzionali, con 45 euro, raggiungendo così il livello più alto in entrambe le categorie.

Lo spazio d’intervento c’è e gli esempi virtuosi, per fortuna, cominciano ad arrivare. È notizia di oggi l’annuncio da parte del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti di tagli agli sprechi di oltre un miliardo di euro per le annualità 2014-2015. Si tratta di 382,5 milioni di risparmi sul 2014 e di 697 milioni sul 2015 per un totale di 1079,5 milioni di euro di tagli “figli di atti già deliberati e decisioni già assunte”.

Dopo anni di scandali e malfunzionamento il sacrificio chiesto appare giustificato. Qualcuno ha capito ed ha iniziato a muoversi di conseguenza, altri continuano a fare orecchie da mercante e a eludere gli inviti del governo, come quello che arrivò con la Finanziaria 2008 che richiedeva ai governatori di ridurre le partecipazioni non strategiche dei campi fuori dal comparto di Asl e ospedali. Risultato? Nessuno rispettò l’invito fino in fondo e, nonostante tutto, si continua a parlare di tagli ai servizi.

Mario Di Ciommo

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